< Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
26

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:26|3|0]]del mio biasimo; hai pianto la tua perduta riputazione: finalmente t’infiammasti contra la fortuna, sgridando e dolendoti che i premii non si rendevano eguali a’ meriti; e nell’ultima parte de’ tuoi adirati e sdegnosi versi pregasti Dio che quella pace, che regge il cielo, governasse ancora il mondo. Ma, perciocchè tu sei pieno d’affetti e di passioni, e il dolore, l’ira e la maninconía ti tirano in diverse parti, non possono ancora, essendo quale tu sei, i forti e possenti rimedii appressartisi; però useremo alquanto i più dolci, a fine che quelle parti, le quali mediante le tue perturbazioni sono divenute bitorzoli, toccandosi piacevolmente s’addolciscano un poco, e si mollifichino tanto, che possano ricevere medicamenti più gagliardi.


LE SESTE RIME.

Quando la grave stella
  Del Cancro ardente bolle,
  Chi sparge il seme in questa parte e ’n quella,
  È veramente folle:
  5Onde la fame tolle,
  Fatto saggio a suo danno d’ora in ora,
  Con quelle antiche ghiande,
  Le quai fuggendo tutto ’l mondo onora.
Chi vuol purpurei fiori
  10Coglier, rose e vïole,
  Onde sè stesso o i sacri altari onori,
  Entrar già mai non sole
  Nel brolio allor che ’l sole
  Ne sta lontano, e la rabbia superba
  15Del feroce Aquilone
  Ne spoglia i colli e le campagne d’erba.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.