< Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

27

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:27|3|0]]

Ben è colui non sano,
  E di sè stesso fore,
  Che cerca stringer dalle viti in vano
  20Prima il frutto che ’l fiore;
  Chi vuol l’almo liquore,
  Per cui parte tristezza, e speme riede,
  Nol cerchi a primavera,
  Chè Bacco solo all’autunno il diede.
25I tempi e le stagioni
  Segnò tutte e partío,
  Dando a ciascun sue proprie condizioni
  E don suo proprio, Dio;
  Nè vuol ch’uom buono o rio
  30Mutar ciò vaglia: onde chi cerca brine
  La state, o fiori al gielo,
  Non ha mai lieto avvenimento e fine.


PROSA SESTA E ULTIMA.

La prima cosa, datti egli il cuore sofferire che io con alcune dimande tocchi un poco e tenti lo stato e disposizione della mente tua, a fine che io possa conoscere il modo col quale ti debba medicare e guarire? E io: Dimandami, le dissi, chè io sono per risponderti. Ed ella: Pensi tu, soggiunse allora, che questo mondo si regga temerariamente e a caso? o pure credi che in lui si truovi ragione alcuna e reggimento che lo governi? Io per me, dissi, non crederò in modo alcuno mai che cose tanto certe si muovano da fortunevole temerità; ma so che Dio, il quale lo fece, è soprastante della sua opera, e la regge egli e governa, nè mai verrà giorno alcuno, che mi divella dalla verità di cotale opinione. Così è,

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.