Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
42 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:42|3|0]]
15Entro 'l suo letto il mar senza onda giace;
Spesso di rabbia pieno
Al soffiar d'Aquilon suo stato lieto
Turba, e rivolge in guerra ogni sua pace.
Se così rado una sol legge tiene,
20E muta il mondo forma,
Cangiando tante volte ordine e stato,
Qual fede avrai? qual spene
Porrai nei ben caduchi? Eterna norma,
Che qui nulla mai posi, il ciel n'ha dato.
PROSA QUARTA.
Allora io: Vere sono le cose che tu racconti, le risposi, o nutrice di tutte quante le virtù; nè posso negare che il corso della mia prosperità non sia stato velocissimo. Ma questo è quello che, rammentandomene io, più forte mi cuoce: perciocchè fra tutte l'avversità della fortuna la più infelice maniera di mala ventura è l'essere stato avventuroso. Or se tu, rispose ella, pensi quello che è falso, e ne paghi le pene come se fosse vero, non puoi ragionevolmente dar di ciò colpa alle cose; e, se pure questo nome vano della felicità della fortuna ti muove, comincia un poco a riandare con esso meco di quanti beni tu abbondi e di quanto grandi. Se quello dunque, che tu in tutto l'avere della fortuna possedevi di maggior pregio, ti si guarda ancora intero (la buona mercè di Dio) e senza offesa nessuna, potrai tu, ritenendo tutte le cose migliori, lamentarti con ragione della tua sciagura? Certa cosa è che Simmaco tuo suocero, preziosissimo ornamento di tutta l'umana generazione, vive sano e salvo; e questi fatto tutto e composto di sa-