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  Temon maestri irati,
  Soffrir da quei dure percosse usati;
15Tosto che 'l muso fiero
  Veggion tinto di sangue, immantinente
  Riede il valor primiero,
  E recan col ruggir sè stessi a mente;
  Spezzano i lacci, e sanguinoso il dente,
  20Sfogando l'ira, fanno
  Prima in color che già domati gli hanno.
Se all'augel, che lieto
  Di questo ramo in quel cantando gía,
  Poscia che in mansüeto
  25Loco o racchiuso in picciol gabbia sia,
  Larghe vivande e ber melato uom dia,
  Tosto che i boschi vede
  S'attrista, e muove a quei voce, ali e piede.
Tratto da viva forza
  30Piega talor la cima a terra stelo;
  Ma se chi tal lo sforza
  Cessa, dritto ritorna e guarda il cielo.
  Cade nell'onde ibere il re di Delo;
  Ma per occulto calle
  35Torna al Gange, ond'ei nasce, e mai non falle.
Tutte le cose insieme
  E ciascuna per sè lieta ritorna
  Là 've natura preme:
  Ogni una allor dell'ordin suo s'adorna,
  40Quando al suo fine il suo principio torna;
  E con natural pace
  Stabile cerchio di sè stessa face.


PROSA TERZA.

Voi ancora, o animali terreni, avvengachè con sottile e debile immagine, sognate nondimeno il principio vostro, e quello verace fine

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