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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:8|3|0]]nella Grecia tra gli studii platonici e aristotelici allevato. Partitevi dunque tostamente, vane e folli sirene, che colla dolcezza vostra n’arrecate infino morte, e lasciate costui alle Muse mie, che lo curino e guariscano. Da queste voci ripreso quel coro e sbattuto, chinò malinconoso la fronte, e confessata per la rossezza del viso la sua vergogna, s’uscì di camera tutto dolente. Ma io, la cui vista era per le molte lagrime divenuta tanto in dentro, e così abbagliata, che io, non che altro, non potei conoscere chi questa Donna si fosse, di tanto imperio e autorità, rimasi stupefatto; e confitti in terra gli occhi, cominciai ad attendere tacitamente quello che questa possente da indi innanzi dovesse fare. Allora ella, accostandosi più appresso, in su la strema sponda del mio letticciuolo si pose a sedere, e guardando nel mio volto grave del pianto, e bassato in terra per lo dolore, cominciò del perturbamento della nostra mente a rammaricarsi con questi versi.
LE SECONDE RIME.
In qual, lasso, periglio, in quanto errore
L’umana mente sè stessa conduce!
E lasciata, oimè, la propria luce,
Nelle tenebre va, dove ebe e muore,
5Quando o speme o timore,
Terrene aspre procelle in quel mar l’hanno
Sospinta, u’ sempre cresce e doglia e danno?
Questi, che già solea libero al cielo
Poggiar, mirando quelle cose belle,
10Il sol, la luna, e tutte l’altre stelle
O vaghe o ferme, d’intorno al suo stelo
Vedea senza alcun volo