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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Della consolazione della filosofia.djvu{{padleft:90|3|0]]
40Di zelo ardenti le rivolgi e torni.
Dammi, Padre pietoso, che nell'alta
Divina sede colla mente io saglia;
Dammi che 'l fonte, ov'ogni ben s'esalta,
Cerchiar cogli occhi vaglia;
45Dammi, Signor, che, la tua vera ed alma
Luce trovata, possa
In te la vista e l'alma
Fisar sì, ch'indi mai non sia rimossa:
Scaccia la nebbia; e'l peso, che m'ingombra,
50Terren col tuo splender da me disgombra.
Tu sol sereno ai buoni,
Tu sol riposo: il te vedere è porta,
Fin, nocchier, duce, via, termine e scorta.
PROSA DECIMA.
Poscia dunque, che tu qual sia la forma ovvero immagine del bene imperfetto, e quale quella del perfetto veduto hai, penso che sia bene dimostrarti ora dove sia posta, e in che consista questa perfezione della felicità; nella qual cosa stimo che primieramente cercare si debba se nelle cose della natura possa un cotal bene, chente tu poco innanzi diffinisti, ritrovarsi o no; a fine che non c'ingannassimo, immaginandoci col pensiero una cosa, la quale in verità, eccetto che nella mente e fantasia nostra, non si trovasse in luogo nessuno. Ma che cotal bene si ritrovi, e sia come una fontana di tutti gli altri beni, non può negarsi; imperciocchè tutto quello che si dice essere imperfetto, si dice essere imperfetto per diminuimento e scemanza del perfetto. Onde avviene che, se in qual si voglia genere o materia di cose sarà alcuna cosa imperfetta, in quella stes-