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58 | Lettera Nona |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Dieci lettere di Publio Virgilio Marone.djvu{{padleft:65|3|0]]ze immagini indegne d’uomo bennato. La macchina del Poema non ne soffrirà danno alcuno. I suoi Capitoli, che han nome di Satire, si rispettino, quand’esse al buon costume, e alla Religione han rispetto. Dalle commedie qualche scena si prenda, che rider faccia davvero, e non arrossire.
Gli Orlandi poi tutti, i Ruggeri, i Rinaldi, gli Amadigi, i Giron Cortesi, e cento siffatti sian tutti soppressi senza pietà, se voglion essere ostinatamente Epici Italiani. Dell’Orlando del Berni conservisi qualche cosa, e tutto ancora, se si trovi il segreto d’animarlo. La grazia naturale di quello stile aureo merita, che si avvivi.
Il Tasso più non si stampi senza provvedimento all’onor suo. L’Episodio d’Olindo, e di Sofronia è inutile. I lamenti d’Armida sono indegni del suo dolore. Erminia si lasci in grazia della poesia. Le piante animate, la mescolanza del sacro, e del profano han bisogno d’emenda. Riducasi dunque a metà tutto il Poema, e correggasi molto lo stile. Ma non si tocchi l’Aminta. Gli si perdonino i suoi difetti per non guastar sì bell’opera ponendovi mano. Roma ed Atene vorrebbono averne una pari. Il Pastorfido ridotto ad onestà e misura serva siccome una bella copia ad onor dell’originale. Ma sia questa copia la sola.
Tutta l’Eneida d’Annibal Caro viva ancor essa per lo stile poetico veramente, e franco. Sia lettura de’ giovani principalmente. Si notino insieme le infedeltà della traduzione con giusta critica. Qualche Sonetto di lui si legga, e la Canzone de’ Gigli d’oro conservisi per monumento del furor de’ commenti, e delle discordie letterarie d’Italia. La traduzione di Lucrezio, quella di Stazio, e quella delle Metamorfosi non si conce-