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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Disputa sull'idea del commercio.djvu{{padleft:5|3|0]]sottintesa. Ognun sa che il mercante pone in conto di prezzo il trasporto la custodia e tutte le altre cure; locchè costituisce l’industria sua; e però col prezzo della cosa egli esige anche quello della sua industria. Ecco allora che il commercio è per lui produttivo del prezzo della sua industria al pari del lavoro personale sulle cose, o dell’opera prestata ad altrui benefizio.
Ma questa industria consiste forse nel solo trasporto della merce? Niun mercante converrà mai in questa restrizione. Stando alla qualificazione del sig. Dunoyer il mercante si confonde così collo spedizioniere che dir non si potrebbe esistere altro mercante che lo spedizioniere medesimo. È forse permesso al sig. Dunoyer sovvertire il senso comune dei nomi per far valere una sua idea? Che cosa dunque resta? Che più erorri ad un sol tratto furono posti in mezzo dal sig. Dunoyer. Il primo che la industria mercantile costituisca l’essenza del commercio, nel mentre che non ne forma che un fatto connesso. Il secondo che questa industria consista nel solo trasporto, nel mentre che vi si uniscono altri amminicoli secondo la natura della merce, ed altre circostanze accidentali. E qui siaci lecito di ricordare che le definizioni non istanno in balia degli scrittori ma ricevono la legge dal senso comune. Il filosofo può bensì far sortire dal concetto addottato di una parola le idee essenziali nascoste ma non travolgerne o mutilarne il significato. Queste idee essenziali sono quelle che intervengono sempre nelle varie applicazioni che l’uso comune suol fare di un dato vocabolo. Ciò posto se non si suole mai dire essersi fatto commercio se non si ricambiano le utilità, ne viene