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— L’ultima volta che venni — disse zia Bachisia — queste ali erano piccine. Ora crescono... crescono...
Grazia mangiava e pareva non udisse nulla.
Il «dottore» mangiava anch’egli a due palmenti e guardava la nipote con quella sua aria di bambino beato, sorridente. Disse:
— Crescono, crescono... Fra poco spiccheranno il volo... — Grazia alzò le spalle, o meglio le ali, e non rispose e non sollevò gli occhi. Ecco, ella trovava insopportabile il suo giovine zio, il suo primo antico sogno: e poco male insopportabile, lo trovava ridicolo, qualche volta.
Tutta la città affermava che zio e nipote dovevano sposarsi: e lui, il «dottore», interrogato non diceva nè sì, nè no.
Per un bel poco si parlò di cose inconcludenti; ogni tanto zia Porredda s’alzava di tavola e usciva e rientrava: ogni tanto la conversazione moriva, e un silenzio quasi impacciato regnava. Come l’altra volta si cercava evitare l’argomento che più interessava le ospiti, e queste, dopo tutto, non se ne trovavano scontente. Ma fu la stessa zia Bachisia che, senza volerlo, provocò l’ingrata conversazione, domandando se era vero ciò che tutti affermavano: il matrimonio del «dottore» con la nipote.
I Porru si guardarono l’uno con l’altro, mentre Grazia curvava vie più la faccia sul piatto, — e risero, piano, piano.
Paolo guardò la fanciulla, e disse con ironia non del tutto allegra: