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— Io mi arrabbio talmente che mi vien la bava sulle labbra — riprese Giacobbe, alzando la voce — come i cani, sì, come i cani! Ah, no, non lascerò quella casa, a costo di crepare: voglio assistere alla scomunica che piomberà sopra di loro. Sì, Dio castiga in vita ed in morte, questo è certo; ed io voglio assistere al castigo. Ma cosa lavorate voi?
— Una corda di pelo.
— Ah, una corda di pelo!
Tacquero. Giacobbe guardava la corda, e i suoi occhi nuotavano in un sogno di dolore e d’ira.
— A chi le vendete quelle corde?
— Le porto a Nuoro e ne vendo anche qui ai contadini che le adoperano per legare i buoi. Perchè la guardi così? Vorresti appiccarti?
— No, uccellino di primavera, vi appiccherete voi, se Dio vorrà. Dunque — riprese alzando la voce — si sono fatte le pubblicazioni.
Tacquero ancora; poi Isidoro disse:
— Chi lo sa? Io, vedi, spero sempre che il matrimonio non si faccia. Spero in Dio, spero in un miracolo di San Costantino.
— Giusto, un miracolo! — disse l’altro con voce ironica.
— E perchè no? Se, per esempio, in questi giorni venisse a morire il vero assassino di Basilio Ledda, e confessasse? Ecco che il divorzio sarebbe nullo.
— Sì, giusto! In questi giorni! — rispose l’altro, sempre ironico. — Siete innocente come una creatura di tre anni, in fede di cristiano!
— Chi lo sa? O potrebbe venire scoperto.