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— Senti, — disse zia Bachisia, con voce bassa ma energica, — tu sei sempre matta. In fede mia, tu lo sei stata sempre e lo sarai sempre... Perchè ti disperi? Per delle sciocchezze. Tutte le nuore povere devono vivere come vivi tu. Verrà anche per te il tempo della raccolta: abbi pazienza, sii obbediente, vedrai che tutto passerà. D’altronde, vedrai che appena nascerà il bambino le cose muteranno.
— Non muteranno affatto. E almeno, almeno... non avessi fatto dei figli! Essi mi legheranno a questa pietra che mi trascina e mi schiaccia. Ebbene, volete sentirlo! Il mio vero marito è Costantino Ledda...
— Tu vacilli, anima mia! Taci, od io ti turo la bocca...
— ... e se anche torna io non potrò riunirmi a lui perchè avrò dei figliuoli...
— E io ti turo la bocca! — ripetè zia Bachisia, fremente, alzandosi in piedi, stendendo la mano, come per eseguire l’atto; ma non ce ne fu bisogno, perchè Giovanna vide la suocera attraversare lo spiazzo, e tacque.
Zia Martina camminava e filava, e s’avvicinò lentamente alle due donne.
— Al fresco? — disse, guardando sempre il suo fuso girante.
— Bel fresco! Si muore dal caldo. Ah, stanotte però pioverà, — rispose zia Bachisia.
— Pioverà certo. Purchè non tuoni: io ho tanta paura dei tuoni. Il diavolo scarica i suoi sacchi di