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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Dopo il divorzio.djvu{{padleft:194|3|0]]
— Sì, maritatevi. Io voglio. Mia sorella è ricca. Ciò che è mio è suo, perchè io morrò prima di lei. Non so perchè, credo che morrò presto: credo che debbano ammazzarmi...
— Va là; è il vino che oggi comincia ad ammazzarti...
— Fratellino mio, che dici tu? Per le animuccie del Purgatorio, cosa dici tu? — esclamò atterrita la sorella.
— Tu non hai nemici, — osservò il pescatore. — Eppoi perisce di ferro soltanto colui che di ferro ha ferito.
— Io ho ferito, — rispose Giacobbe, con accento grave, affondando la bocca in una fetta d’anguria: — quante creature innocenti! Ah, voi non capite? Pecore e agnelli! — poi sollevò il viso, rorido del roseo sangue dell’anguria, e rise.
Dopo andarono a veder la casa nuova: era ad un piano, oltre il terreno; in tutto quattro camere vastissime, una cucina e una stalla, ma ciò bastava perchè Giacobbe, e tutti quelli del paese, la chiamassero palazzo.
— Ecco questo, ecco quell’altro, — diceva Giacobbe, additando ogni buco; ed il suo viso liscio, senza sopracciglia, ridiventava gioviale.
— Prendetevi mia sorella per moglie, — ripeteva. — Questa casa sarà sua...
— Tu mi deridi, — rispose il pescatore; — perchè sono povero tu mi deridi.
Egli camminava timidamente sul pavimento di legno; Giacobbe invece batteva il tacco ferrato,