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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Dopo il divorzio.djvu{{padleft:224|3|0]] chiama, Brontu Dejas. Sì, sì. Appunto lui. Li voglio qui, confesserò a loro.
— A Brontu Dejas? — chiese stupito zio Isidoro.
— Perchè egli più di tutti sarà creduto. Ma prima, tutti mi giurerete sul crocifisso che mi lascerete morire in pace. Io ho paura. Mi lascerete morire in pace, dunque?
— Ma sì! Sta tranquillo, ora. E voi, piccola comare, tornate a letto; riposatevi, dormite, — disse il pescatore con voce tranquilla, accomodando le coperte intorno al malato, che si scopriva sempre, si agitava, scuoteva la testa.
— Ho caldo, — diceva Giacobbe — ho caldo; lasciatemi stare. Come non vi meravigliate voi, zio Sidore? Ah, io rimasi servo per non dar dei sospetti. Ma voi sapevate. Sì, sì, sapevate.
— Non sapevo nulla, ti dico, figlio di Dio.
— E allora perchè non vi meravigliate?
— Perchè? — disse l’altro con voce grave. — Nel mondo ne succedono tante! Son cose del mondo. Ebbene, sta coperto e cerca di dormire.
La vedova, che pareva non avesse ascoltato quanto i due uomini avevano detto, sollevò il viso. Ed il piccolo viso s’era fatto giallo, pieno di rughe; pareva che tutti gli anni passati placidamente senza poter solcare quel volto, avessero preso la rivincita in un attimo.
— Giacobbe, — disse la donnina, — non ci sarà bisogno di testimoni. Non ci sarà bisogno di chiamar nessuno. Non basterò io?
Egli si sollevò ancora e guardò Isidoro. Isidoro guardò lui, ed entrambi dissero: