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ATTO V. SCENA I. | 145 |
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Di qual poi morte estinto Edipo sia
Sol può dirlo Tesèo. Lui veramente
Nè fulmine percosse, nè marino
Turbo rapì. Forse del Cielo un messo
Sel tolse; o, aprendo il sen benignamente,
La terra, il ricevè. La costui morte
Non affannosa nè lunga fu certo
Stupenda morte. Se di mente inferma
Sogno alcun crede il mio narrar, mal crede;
Chè quanto io dico con questi occhi io vidi.
coro.
E le fanciulle, e quei che le seguiro,
Dove sono?
nunzio.
Non lungi la dolente
Lor voce annunzia che ne son già presso.
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