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proemio xv

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:12|3|0]]quae mihi hoc nomine gratissima est. Quanto ai baci di cui allora eran prodighe le belle inglesi, oggidì sì ritrose, e di cui egli ebbe la sua buona parte, honni soit qui mal y pense. Ma il suo racconto è troppo ghiotto in quella lettera a Andrelin: «Si Britanniæ dotes satis pernosses, Fauste, nae tu alatis pedibus huc accurreres: et si podagra tua non sineret, Dædalum te fieri optares. Nam ut e plurimis unum quiddam attingam, sunt hic nymphæ divinis vultibus, blandæ, faciles, et quas tu tuis camænis facile anteponas. Est praeterèa mos nunquam satis laudatus. Sive quo venias, omnium osculis exciperis; sive discedas aliquo, osculis dimitteris; redis, redduntur suavia; venitur ad te, propinantur suavia: disceditur abs te, dividuntur basia; occurritur alicubi, basiatur affatim; denique quocunque te moveas, suaviorum plena sunt omnia. Quæ si tu, Fauste, gustasses semel quam sint mollicula, quam fragrantia, profecto cuperes non decennium solum, ut Solon fecit, sed ad mortem usque in Anglia peregrinari.»

Questa festività d’umore e di stile fece grata, in un secolo pedantesco, la dottrina di Erasmo. Le carte pennelleggiate da lui ridono ancora per usare a nostr’uopo la frase dantesca. — È come il guerriero, che negl’intervalli delle battaglie, palleggia nelle sue braccia il figlioletto, o lo fa cavalcare sopra un cavalluccio di legno. Pare che egli vezzeggi così i sui coetanei, non atti a maggiori studj, e piace la famigliarità dell’eroe.

Fra le fortune di questo libro fu l’avere

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