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della pazzia | 41 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Elogio della pazzia.djvu{{padleft:54|3|0]]lagrime dell’adultera sposa. Ma non è egli assai meglio ingannarsi in tal maniera, che rodersi dalla bile, strepitare, metter tutto sossopra, inferocire, abbandonandosi all’inutile e funesta gelosia? Insomma nessuna società, nessuna unione esister potrebbe nella vita, che fosse grata e durevole, senza il mio intervento: cosicchè nè il popolo potrebbe a lungo sopportare il suo principe, nè il padrone il suo servo, nè la signora la sua domestica, nè il maestro lo scolaro, nè l’amico l’amico, nè il marito la moglie, nè l’ospite il forestiero, nè il locatore il conduttore, ecc., se a vicenda non l’ingannassero, non s’adulassero, non fossero prudentemente conniventi, e se il tutto non condissero con qualche granellino di pazzia. Non dubito punto, che quanto finora vi ho detto, tutto non vi sia sembrato di somma importanza. E che! dubita forse di qualche cosa la Pazzia? Ma ben altre cose voi dovete vedere da me; raddoppiatemi pertanto la cortese vostr’attenzione.
Ditemi in cortesia; un uomo, che odia sè stesso, potrà mai amare qualcuno? Un uomo, che discorde è in sè medesimo, potrà mai convenire con un altro? Sarà opportuno ad inspirare la gioia agli altri, chi è di peso e di molestia a sè stesso? Non ci vuole che uno più pazzo ancora della stessa pazzia per sostenere l’affermativa di tale opinione. Ora se voi mi escludete dalla società, non solo l’uomo diverrà insoffribile all’uomo; ma di più, ogni qualvolta rientrasse in sè stesso, non potrebbe a meno di provar dispiacere dell’esser suo, e di trovarsi agli occhi propri immondo e deforme, e per conseguenza di odiar sè medesimo. La natura, che in moltissime cose è più matrigna che madre, ha scolpita negli uomini, e principalmente ne’ più sensati, una fatale