< Pagina:Esilio - Ada Negri, 1914.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Il fanale nel vicolo 139

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Esilio - Ada Negri, 1914.djvu{{padleft:149|3|0]]



E riconobbe il canto di Fiorella,
che fu tant’anni in carcere. Serena
e fioca, — “Ave, — diceva — o Gratia Plena,
48che poggi il piè sulla più alta stella.„


Il bimbo delle sue carni corrose
dal vizio altrui, così, sur un saccone,
cullava; e la materna passïone
52trasfigurava le parole in rose.


L’ascoltavano gli usci acchiavacciati,
le cieche imposte, il lastrico. E il fanale
fiamma divenne, accesa a un immortale
56altar, ritto fra l’ombre dei peccati.


Tacque la voce e ritornò il mattino,
tutto bianco di neve ancor del cielo,
ancora intatta. Ed il fanal fu stelo
60di giglio in un albór quasi divino.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.