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26 | ESPERIEN. INT. AGL’INSETTI |
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δείδω μή μοι τόφρα Μενοιτίου ἄλκιμον υἱὸν
μυῖαι καδδῦσαι κατὰ χαλκοτύπους ὠτειλὰς
εὐλὰς ἐγγείνωνται, ἀεικίσσωσι δὲ νεκρόν,
ἐκ δ' αἰὼν πέφαται, κατὰ δὲ χρόα πάντα σαπείῃ.
E perciò la pietosa madre gli promesse che, colla sua divina possanza, avrebbe tenute lontane da quel cadavero l’impronte schiere delle mosche, e contro l’ordine della natura l’avrebbe conservato incorrotto ed intiero anco per lo spazio di un anno.
τέκνον μή τοι ταῦτα μετὰ φρεσὶ σῇσι μελόντων.
τῷ μὲν ἐγὼ πειρήσω ἀλαλκεῖν ἄγρια φῦλα
μυίας, αἵ ῥά τε φῶτας ἀρηϊφάτους κατέδουσιν·
ἤν περ γὰρ κεῖταί γε τελεσφόρον εἰς ἐνιαυτόν,
αἰεὶ τῷ δ´ ἔσται χρὼς ἔμπεδος, ἢ καὶ ἀρείων.
Di quì io cominciai a dubitare se per fortuna tutti i bachi delle carni dal seme delle sole mosche derivassero e non dalle carni stesse imputridite, e tanto più mi confermava nel mio dubbio quanto che, in tutte le generazioni da me fatte nascere, sempre avea io veduto sulle carni, avanti che inverminassero, posarsi mosche della stessa spezie di quelle che poscia ne nacquero; ma vano sarebbe stato il dubbio se l’esperienza confermato non l’avesse. Imperciocchè a mezzo il mese di luglio in quattro fiaschi di bocca larga misi una serpe, alcuni pesci di fiume, quattro anguil-