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DI FRANCESCO REDI. | 47 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Esperienze intorno alla generazione degl'insetti.djvu{{padleft:51|3|0]]Se dunque Sansone ritornò dopo un anno a riveder quel cadavero, verisimil cosa è che non fosse allora altro che un nudo scheletro, dentro al quale non abborriscono le pecchie di fare il mele; e ne fa testimonianza Erodoto, raccontando che gli Amatusi, avendo tagliato il capo ad un certo Onesilo, e confittolo sopra le porte di Amatunta, ed essendo di già inaridito, uno sciame di api vi fabbricò i suoi favi; ed un altro gli fabbricò medesimamente nel sepolcro del divino Ippocrate, se crediamo a Sorano nella di lui vita; ed io mi ricordo aver più volte udito dire al Cavalier Francesco Albergotti, letterato di non ordinaria erudizione, ch’ei ne vide un giorno un non piccolo sciame appiccato al teschio d’un cavallo.
Potrebbe qui forse esser mosso un altro dubbio, se per fortuna fosse avvenuto che le pecchie si fossero gettate a mangiar le carni di quel leone, ed in mangiandole vi avessero fatti sopra i loro semi o partoriti i loro cacchioni, da’ quali nate poi le giovanette api avessero potuto nella tessitura di quell’ossa fabbricare i fiali del mele; e tanto più che questa fu l’opinione del Franzio, allora che nella Storia degli animali ebbe a favellare delle carni de’ buoi. Ma io risponderei che le pecchie sono animali gentilissi-