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XXXV

Baccanale

(1790)

  — Evoè! vita te... — tutto all’intorno
valle e bosco rimbomba fremendo.
Odo il suon delle rote, il sistro, il corno!
Quest’è Bacco!... Lo veggo... L’intendo.

  Il carro è quello: ecco le tigri. Il nume
sopra un otre vi ride seduto,
e, le gote infuocate oltre il costume,
scuote i serti del tirso temuto.

  Su l’asinelio, che si move a stento,
Silen barcolla, ciondolon le braccia:
Nisa, t’affretta, ch’ei cader minaccia
sotto il giumento.

  D’edra e di pampani cinte i capelli,
le folli tiadi gridando saltano,
ed i capripedi fauni piú snelli
proterve assaltano.

  Il dio discende. La turba acchetasi:
chi arresta il passo, chi all’ombra sdraiasi.
Udite, ei parla!... Ah, inquiete
ebrie ninfe, tacete!

  No... s’addormenta... Dall’argute canne
desta fiato soave, industre Titiro,
e tu, dell’eco imitator, deh, vanne
su quella balza, Coridon, col flauto!

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