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  A questo tronco appendere
voglio l’aurata cetera,
che, don di Fille, resemi
non ignobil cantor.
  Di sacro mirto cingimi
le sparse chiome, e d’edera
aureo nappo circondami
di cure fugator.

  Voglio i tuoi doni, o Bromio,
sovra ’l terreno spargere,
che la votiva a Fillide
pianta nutrendo va.
  Chi, se non tu, dall’invida
rabbia d’alpina driade,
o indiscreta greggia,
chi la difenderá?

  Su la corteccia incidasi:
«Dono del vate lesbio,
l’etrusca lira a Fillide
Labindo consacrò.
  Quella che, stanca volgersi
fra l’armi e fra le nobili
mete di polve olimpica,
per lei d’amor cantò».

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