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idilli 315

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  Ivi giunto, si asside. Orrida notte
su l’ali tenebrose ecco si stende;
dal fulmine trisulco in squarci rotte
fremer le nubi e mormorar s’intende,
ed al rumor dei tuoni alto stridenti
crollan le rupi e van mugghiando i venti.
6
  Misi tranquillo ride e sovra il volto
gli balena del cuor la calma usata:
il bianco capo, fra le nubi involto,
la sottoposta valle e il monte guata,
e nel sordo fischiar della procella,
piú tranquillo del ciel, cosí favella:
7
  — Fra i lampi assisa e le bufere in trono,
quanto, o Natura, maestosa sei;
su l’ali negre del temuto tuono
ti consegno contento i giorni miei:
quali in pegno da te, le luci aprendo,
gli ebbi puri e innocenti, io te li rendo.
8
  Vano desio non ne turbò la pace,
né voglia avara di comprato onore;
quello che è giusto e ver, quel ch’è fallace
conoscere mi fece il genitore,
che, allor che il figlio aveva istrutto a pieno,
me lo rapisti e lo stringesti al seno.
9
  Noto a me stesso e a te, dell’universo
sprezzai le cure e resi al cielo omaggio:
a contemplarti ogni pensier converso,
vissi felice, e morirò qual saggio,
che maggiore di sé nell’ore estreme
il viver prezza, ma il morir non teme. —

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