< Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
52 odi

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu{{padleft:58|3|0]]

XXX

A Delio toscano

(1788)

  Romulea Lide, piú che sei spergiura,
fabbra d’insidie piú vezzosa splendi,
piú dell’incauta gioventú ti rendi
tenera cura.

  5Te i vecchi avari, te le madri annose
per gl’inesperti garzoncelli arditi,
te per i ricchi indocili mariti
temon le spose.

  Venere ride; e alle deluse genti
10Amore addita la faretra vòta,
Amor che nuove, non mai sazio, arrota
saette ardenti.

  Credulo Delio, qual mai sorte ultrice
in tal Caribdi a naufragar ti ha spinto?
15Dai lacci infami, onde sospiri avvinto,
fuggi, infelice!

  Torna alla sposa, che, dolente esempio
di casta fede, con i voti i numi
stanca, e di pianto ancor bagnati i lumi
20esce dal tempio.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.