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DI LUCANO LIB. I | 11 |
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40Aprir non ponno, nè può'l Cielo a Giove
Piegar la fronte, se non dopo il fiero
Guerreggiar co' giganti, a noi non lice
Già più lagnarci, o Dei: piace a tal patto
L'empia guerra nefanda; i tristi campi
45Farsaglia inondi, e sazie sian di sangue
L'ombre Cartaginesi, e fin di Monda
Ardan d'orrida zuffa i lidi estremi.
A questi rei destini ancor s'aggiunga
La fame di Perugia, e il Modonese
50Gravoso assedio, e del Leucadio mare
L'armate flotte, e le Trinacrie guerre.
Molto all'armi Civil debbe pur Roma,
Perchè tu cogli il frutto. Allorchè il corso
Della vita compiuto, andrai fra gli Astri,
55Te del ridente luminoso Cielo
Accoglierà la reggia, o piu ti piaccia
Trattar lo scettro, o fu'l fiammante cocchio
Salir di Febo, e colla vaga luce
La Terra circondar, che nulla pave
60Il nuovo auriga. A te cede ogni Nume,
E al tuo voler concederà Natura
D'esser quel Dio, che brami e dove il regno
Locar del mondo. Ma non già ti piaccia
Sotto la zona Artoa sceglier la fede
65O dove il Polo Austral nel mar s'attuffa,
Onde a Roma tu volga obliquo il guardo.
Se dell'immenso Ciel premi una parte,
Sentirà il peso l'asse. Il foglio inalza
Sotto al dolce Equator: tutta si sgombri
70Quella parte di Ciel limpido e puro,
E di Cesare ai rai fugga ogni nube.
L'armi deposte, allor l'umana schiatta
Pensi al suo bene, e in mutuo amor s'annodi: