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18 LA FARSAGLIA

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Della stirpe di Julo, o Dei Penati,
E del Divo Quirin voi sacri arcani,
250E tu del colle Alban Preside, o Giove,
E tu fuoco di Vesta, e tu gran Roma
Uguale a un Nume, l'opra mia feconda:
Non con armi crudeli io già dicendo
A travagliarti: ecco sebbene armato
255Son tuo guerriero e difensore: ei fia,
Ei fia sol reo, che tuo rival mi renda.
Indi s'affretta, e per il gonfio fiume
Move l'insegne. In guisa tal nei campi
Dell'affocata Libia incerto pende
260Torvo lion al cacciator davanti,
Mentre raccoglie la natia fierezza;
Quindi allorchè si riscegliò coi colpi
Della gran coda, e la vellosa chioma
Ruggendo orribilmente alzò feroce,
265Se acuto spiedo, o Mauritana lancia
Gl'impiaga il fianco, impavido, animoso
Segue del ferro, e de' guerrier le tracce.
  Scarsi flutti travolve, e angusto scende
Il rosso Rubicone, allorchè ferve
270L'ardente estate, e per le cupe valli
Va serpeggiando, e dalla Gallia parte
L'italiche campagne. Allor di forze
L'accrebbé il verno e la piovosa luna,
E le nevi disciolte. Il primo al guado
275S'appresenta il corsier, poi varca il resto
Dei rotti flutti le già docil'onde.
Come l'opposto suol Cesare attinge,
E ne' vietati lidi il piede arresta;
Qui, disse, io qui lascio la pace e i dritti,
280E te seguo, o fortuna: oggi si sciolga
Ogni amistà: mi siano guida i fati;

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