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DI LUCANO LIB. I 21

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La vasta Gallia; se con lieto evento
Poche battaglie ingaggerai, sia domo
Il mondo intero. Or non ti ride intorno
La pompa trionfal, nè cinto il crine
350Del sacro alloro al Campidoglio ascendi;
Ti contrasta ogni onor l'invidia edace:
E nel cospetto delle dome genti
Soffrirai sì vil scorno? Ha fermo in mente
L'altier genero tuo cacciar del regno
355Il socero rival: non puoi del mondo
Pattir l'impero, ben regnar puoi solo.
Così dicendo le già vive voglie
Di guerreggiar, risveglia, e si l'infiamma,
Qual dalle grida Eleo corsier s'avviva,
360Che dello sprigionarsi in su l'istante
Sente lentar su'l curvo dorso il freno.
  Immantinente le falangi aduna,
E tosto che col maestoso aspetto
Il bisbiglio acchetò, silenzio impose,
365O guerrieri, egli disse o miei compagni
De' perigli e dell'armi, il decim'anno
De' trofei vostri or volge, e questo è il frutto
Del sangue sparso nelle piagge Artoe,
Di tante morti e de' sofferti nembi?
370Non altrimenti si scompiglia Roma
Da tumulto guerrier, che se dall'Alpi
Annibale scendesse: il fior si sceglie
Della milizia, a rinnovar le flotte
S'abbatton selve, e Cesare si caccia
375Dalla terra e dal mare. E che? Se al suolo
Giacesser l'armi, e vincitori al tergo
M'inseguessero i Galli? or che la forte
Spira l'aure propizie, e il Ciel m'invita
A grandi imprese, scenda pure in campo

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