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favole per i re d’oggi | 109 |
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LVII.
Le nubi, incalzate da Borea pe’ cieli sconfinati, gli aquilotti, caduti dai monti con l’ali fiaccate dalla tempesta, le ondate eternamente ricacciate via dalla scogliera, invidiavano un tranquillo popolo di pini nati e cresciuti tra il monte e il mare.
Ma i pini, vedendo le nubi e gli aquilotti e le ondate andare andare e andare, fremevano dentro e maledicevano alle loro immense radici.
E finalmente un giorno dissero a gli uomini: Sentite! Abbiam saputo dal mare che ci son certe terre lontane dove le caverne son zeppe di diamanti, dove i fiumi portano oro e argento a chi ne vuole. Liberateci dunque da queste sorde radici che ci tengono! fate di noi belle navi veloci, e andremo insieme per il mare a veder quelle terre miracolose.
Non a caso i pini avevan parlato di diamanti, d’argento e d’oro. Avevano appena finito di nominar queste cose, che quelli s’eran già accinti all’opera.
Che gioia sentirsi ferir dall’ascia per tutti quei pini!
Si sentivan certi bassetti e storti gridare a più non posso: — Noi! Noi! vedete? siam nati per far da costole alle vostre navi!