< Pagina:Ferrero - Diario di un privilegiato, Chiantore, 1946.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

diario

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ferrero - Diario di un privilegiato, Chiantore, 1946.djvu{{padleft:223|3|0]]su quelle tre civiltà che convivevano gomito a gomito senza fondersi, racchiuse in se stesse, opponendo l’una all’altra la gloria delle proprie memorie. Ma non riuscivo lo stesso a godere a Roma di quel benessere che cantò Goethe nelle sue elegie. Forse i viaggiatori trovano in ogni paese quello che ci voglion trovare.

A me quel cielo troppo vasto e particolarmente concavo, verde, consunto e tremante di un’antica e malinconica luce fatta per le macerie, quella sontuosa urbe distesa attraverso il silenzio selvaggio della maremma, quella via Appia orlata di cipressi e avviata verso un orizzonte che sembra segnare il limite della terra, quelle fontane troppo squisite e musicali, quei palazzi, quella andatura indolente, lussuriosa e molle, quell’aria pesante che si affina la sera e ci fa sognare il Mediterraneo, quei crepuscoli estenuati ed immensi avevano riempito il cuore di uno sgomento che gli anni e i ritorni non riuscivano ad acquietare.


    203

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ferrero - Diario di un privilegiato, Chiantore, 1946.djvu{{padleft:223|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.