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i tre amanti di bella 31

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E il Dio delle leggende, nella facciata nera,
Profeta malinconico, piantò la sua bandiera.
 
  Oh le feste di un tempo! Conviti e serenate
E variopinte gondole alla soglia affollate!
Quando dame e patrizi, fanciulle e cavalieri,
Giungevano al palazzo con paggi e trombettieri,
A esilararsi l’animo dalle cure di Stato
Tra mantellini serici e gonne di broccato;
A sfoggiar la ginnastica delle battaglie mute,
Degli sguardi fatali, delle parole argute;
Ad affrettar l’arrivo della gioconda bara,
Tra una botte di Cipro e una sembianza cara!
Dove, più di una volta, il vecchio senatore.
Per il giurato premio di una notte d’amore,
Vendette alla bellezza il suo voto in Consiglio;
Dove il capro e la volpe, la tigre ed il consiglio,
Piume al cappello e spada al fianco, in giubba o in manto,
In toga o in armatura, riso celando o pianto,
Le labbra tormentavansi e si rompean le mani
In proteste di affetto svanito all’indomani;
Dove, bersaglio agli occhi, ai motti ed agli inchini,
Era passato, bello di gloria, il Morosini;
Dove intorno al damasco dei tavoli seduti

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