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Il Jazz-Band negro arroventò il pomeriggio delle pampas con le sue cadenze sincopate. Nel caffè-chantant dell’ultima stazione estiva, sulla riva destra del Rio de la Plata. I suoni scoppiarono brillando — elettrizzarono i villeggianti snervati — sotto i parasoli arancione le note sembrarono folate di vento, nell’immobilità verticale.
Ballò violentemente la danzatrice creola, l’idolo umano dell’America del Sud, l’ultima donna romantica: si fasciava ancora con lo scialle spagnolo, portava nei capelli neri il pettine d’argento e stringeva tra le labbra di sangue un crudele garofano rosso. Corpo magro, nervoso, di amante insaziabile: le sue braccia si torcevano dietro geometriche direzioni musicali — pareva che una febbre muscolare dominasse i movimenti: tutta la folla vibrava della danza eccitante.
Pablo Halosa, maschio argentino che aveva conquistato le femmine di Buenos-Ajres e faceva fremere ogni donna con l’ondeggiare elastico della persona sportiva. Pablo Halosa che, quel giorno, portava un abito interamente bianco, macchiato soltanto da un lembo di seta colorata, e sopportava rassegnato gli sguardi di una bella nobile spagnola,