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Le lor braccia di neve, e faccian mostra
Dei palpitanti petti, e dolcemente
Girino a me gl’innamorati sguardi,
520Fermo quai mille di Loclin montagne
Qui Svaran rimarrà, finchè ’l mattino
Venga co’ raggi suoi dal mio orïente,
A rischiarar di Cucullin la morte.
Grato mi freme nell’orecchio il vento
525Che percote i miei mari: ei nelle sarte
Parlami, e nelle vele, e mi rimembra
I verdi boschi di Gormàl, che spesso
A’ miei venti echeggiàr, quando rosseggia
La lancia mia dietro le belve in caccia.
530A Cucullin tu riedi: a ceder pensi
L’antico trono di Cormàno imbelle;
O i torrenti d’Erina al nuovo giorno
Alle sue rupi mostreran la spuma
Rossa del sangue del domato orgoglio.
  535Carilo ritornò: – Ben, disse, è trista
La voce di Svaràn. – Ma sol per lui26,
Ripigliò Cucullin: tu la tua sciogli,
Carilo intanto, e degli antichi tempi
Rammenta i fatti; fra le storie e i canti
540Scorre la notte; entro il mio core infondi
La dolcezza del duol; chè molti eroi,
E molte vaghe vergini d’amore
Già fioriro in Erina, e dolci all’alma
Scendon le note del dolor che s’ode
545Ossian cantar là d’Albïon su i monti,
Quando cessò la romorosa caccia,
E s’arresta ad udir l’onda del Cona.
  – Venne in Erina nei passati giorni27,
Ei cominciò, dell’oceàn la stirpe.
550Ben mille navi barcollàr sull’onde
Ver l’amabile Ullina. Allor s’alzaro
I figli d’Inisfela, e fèrs’incontro
Alla schiatta dei scudi. Ivi Cairba
Cima dei duci, ed ivi era pur Gruda,
555Maestoso garzon: già lunga rissa
Ebber tra lor pel varïato toro,
Che nella valle di Golbun muggìa.
Ciascun volealo, e fu spesso la morte
Già per calar sulle taglienti spade.
560Pur nel gran giorno l’un dell’altro a lato
Pugnàr que’ prodi, e gli stranier fuggiro.
Qual nome sopra il colle era sì bello
Quanto Gruda e Cairba? Ah perchè mai
Tornò ’l toro a muggir? quelli miràrlo
565Trescar bizzarro e saltellar sul prato,

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