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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Fior di Sardegna (Racconti).djvu{{padleft:136|3|0]]ste manine care! dicevamo dunque che andrai a confessarti e che dirai i tuoi peccatacci ad un estraneo. Perchè non ti confessi con me! Quali sono i tuoi peccati, figlia mia?
— Cominciamo dal principio! — rispose Lara sorridendo.
— Superbia?
— No, non sono superba! Vana od avara? Neppure! pigra? assai, assai...
— Ma che! Lascia che ti interroghi io, ora, Lara. Mi ami?
— Molto, molto!
— Mi sei fedele?
— Fedelissima.
— Sarai mia sposa?
— Sì!
— Mi amerai sempre?
— Sempre, sempre, sempre!
— Eccoti confessata! — concluse Massimo. — La penitenza è un bacio.
Lara la eseguì volentieri, ma intanto diceva: — E questa parodia della confessione non è un peccato? Se ci sentisse Iddio!
— Non può sentirci, Lara, perchè parliamo così sommesso!
— Eppoi, — aggiunse lei scherzando, — credo che Dio sia sordo, prima di tutto, perchè è molto vecchio, poi perchè io gli chiesi ginocchioni, fervorosamente, tante cose, e lui non mi esaudì giammai, sicchè come non sente le buone, non sentirà le cattive parole!
— E che cosa gli hai chiesto, a Dio, Lara mia?
— Ah, tante cose, tante cose! Ma torna inutile parlarne; le buone opere non si svelano mai, e la preghiera è una opera buona.
Qui Lara si mise a narrare la parabola del Pubblicano e del Fariseo, ma in verità, la condizionò in modo tale da sembrare una favola di Esopo. Inoltre non riuscì a trovarne la fine e confuse un versetto della Bibbia con quel passo di Shakespeare nell’«Enrico VIII.» che dice: «Voi avete i volti di angeli, ma il cielo conosce i vostri cuori!». — Massimo ne sorrise di cuore; invero la narra-