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sul «commentario della battaglia di marengo» | 213 |
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PARTE PRIMA
Eleggevasi primo consolo Bonaparte, e Cuneo intanto, estrema piazza in Italia, cadeva. I nostri posti ripiegati sulle vette dell’Alpi; né un palmo di terreno, né una sola piazza piú nostra in Italia; tutta Alemagna sgombra; le armi nostre sulla difesa alla sinistra sponda del Reno; l’inimico dappertutto fortissimo; e, se prospere imprese lo conducevano ne’ Voghesi o sulla Schelda, sarebbero risultati funestissimi effetti alla deplorabile condizione delle cose nostre.
Vide Bonaparte che, prima di ricuperare P Italia, era pur forza di assicurare il Belgio e i dipartimenti aggregati.
L’imperatore di Germania poteva appigliarsi a due partiti, e in amendue doveva provvedere a tutti gli avvenimenti. Riunire le sue principali forze nella Svevia e sul Reno, presentarsi su questo fiume con cento e sessantamila uomini; e, riportati i primi vantaggi, concertarsi con un esercito inglese, sbarcato in Olanda o nel Belgio. Le schiere austriache in Italia, rinforzate, starsi ferme sul Po, parate a rispondere nella pianura a’ francesi, i quali non potevano scendere se non con poca cavalleria e con artiglierie male equipaggiate.
Secondo partito della corte di Vienna si era di stare nell’Alemagna sulle difese; mandare addosso a Genova un esercito potente, indi sul Varo; campeggiare la Provenza; concertare le operazioni con quindicimila inglesi accampati da alcun tempo a Maone; e giovarsi delle sommosse degli scioanni, che nella Francia meridionale cominciavano a risentirsi.
Il primo disegno di campagna minacciava assai piú; quindi Bonaparte convocò sul Reno centoquarantamila combattenti, formando ad un tempo nella Borgogna, alle spalle di questo esercito, un altro di riserva; e lasciò stanziare sui monti liguri le reliquie dell’esercito d’Italia di circa trentamila uomini.
Da tali disposi/ioni apparirà che, qualunque si fosse la mente dell’inimico, la Francia si era premunita a fargli sempre fronte.