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Fascio Secondo. 111

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  Condannar leggierezze un verso grave,
  Hor sentite in bravar rime più brave.

U
Na Dama, che d’Aletto

  Rassomiglia à la figura,
  Quando levasi da letto,
  diletto di Pittura,
  Ma sì strano è il suo Ritratto,
  Che dà spirto à la Natura.
  E pur nasconde il naturale affatto:
  E con stil pietoso, e ladro
  Essa in un tempo è la Pittrice, e ’l Quadro.
Fra i color non vuol bianchezza,
  Perché andria col lordo unita,
  Tinta oscura anco disprezza,
  Per timor d’esser chiarita,
  Sol con ostro il viso accende,
  Che Beltà, quando è sparita,
  Ne’ brutti avanzi una vergogna estende
  Ond’io credo, affermar possa,
  Che le vergogne sue l’han fatta rossa.
Perche forse è fumosetta.
  D’una fiamma il viso tinge,
  Perché Venere sia detta,
  D’un Vulcan foco dipinge,
  Mà sovviemmi altra cagione,
  Un color di carne finge
  Perc’hà la guancia sua magro il boccone,
  E in tener maschera tale,
  La Quaresima sua fà Carnevale.
Piangeria più d’una fiata
  Il tenor di sue brutture;
  Mà del pianto la bucata
  Scopriria maggior lordure,

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