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156 Delle Frascherie

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Nessuno hà di Spurina oggi le voglie,
  Che in sè vibrò, per flagellar de’ mali
  L’innocente cagion, fregio di doglie.

Momarte.


A l’aperto vagar di Vitij tali
  Mal può la lingua mia star à le mosse
  Forz’è ch’in Corso anche i suoi fiati esali.

Ticleue.


Se puoi sentir, nè sentirai più grosse,
  Vedi colui, che scuote la sua testa,
  Ch’io non sò se stranuta, ò pur se tosse?
La lettra di Pithagora s’inesta
  Su ’l capo suo, ma per parlar più chiaro,
  Per donneschi lavor l’huomo fà festa.
E s’ancor non m’intendi, io mi dichiaro,
  Molto ricco è Colui, la cui Mogliera
  In Corno d’Amalthea sempr’hà denari
D’Astolfo il Corno al par del suo non era
  Le turbe quei col mormorio cornuto
  Fugava il dì, questi le chiama à sera.
Oh, gran Cippo, ove sei? tù che veduto
  Nascer sul capo tuo Corno innocente,
  Del gran Trono Roman festi il rifiuto.
Vieni, e vedrai nel secolo presente,
  Da vergogna ad honor farsi un trapasso
  Vedrai Cippi di testa, e non di mente.
Mà mi stupia, ch’anco non gisse à spasso
  Frà tanti humor qualche ingrassata Idea
  Mentre à gli humor sempre soprasta il grasso.
Vedi là quel Signor, la cui Livrea
  Hà un musaico di trine? Hor quei rassembra
  Un de’ Laidi, che amar Laide Ephirea

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