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158 Delle Frascherie

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Mà il gran fetor de l’amoroso avello
  Non cessa quì. Vide colui, che spalle
  Volta à l’uscio del Tempio? osserva quello
Col ferro d’un man Mario ò Aniballe
  Non vanno mai per bellicose rotte
  Tanti uccisi squadroni, alme Vassalle.
Quanti suole ogni dì l’Heroe da notte
  Con la paga vantar d’un’eloquenza
  Ciparissi abbrancati, Hersi corrotte.
Sol per gusto di dire hà compiacenza
  Di far peccati. Hoggi a la turba oscena
  E gusto il confessar, non penitenza.
Come fusse d’Egisto, ò Polissena
  Un soggetto ingegnoso, ogn’opra pazza
  Sù le complici labra hoggi hà la scena.
Il pretesto de l’Uso hoggi è corazza,
  Contra i colpi del biasmo, e trionfanti
  Suonan Tromba le colpe in sù la Piazza.
Come Scrittor, ch’à i suoi notturni canti
  Tesse luce d’honor, tesse il carnale
  A i notturni disnor luce di vanti.
Onde à pensarvi ben, dubbio m’assale:
  Se lingua in piazze, ò pur se mano in celle
  A scoprir le vergogne hoggi più vale.
Quali in Meroe d’Egitto appaion belle
  Certe femine sconce, à cui Natura
  Più grande del bambin feo le mammelle,
Tal per esser comun, l’opera impura
  Non rassembra deforme, e perch’è uguale
  La quantità le differenze oscura.
Mà non termina quì gloria di male,
  Mira colà, se vuoi saper qual vanto
  Da membrana d’Honor tragga un mortale

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