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Fascio Secondo. 159

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Vedi quel Carro? hor vuoi conoscer, quanto
  Il mal’habito altrui meriti foco?
  Mira colui, ch’è Melibeo di manto.
Tutto il cervello suo lercia in quel gioco,
  Che far Giulio solea con Nicomede:
  Perche il vitio d’Orfeo gli parve poco.
Per le Camere sue, sai che si vede?
  Un Giacinto non fior, ma deflorato,
  Ratto nò, ma rapace un Ganimede.
Reputa in vita sua meno honorato
  Soprastar con decoro à stuol di Corte,
  Che...
E pur costui, che ne l’età più forte
  Fassi de i servi suoi curvo à i comandi
  Fa de’ comandi suoi serva una sorte.
De la legge Scatinia i vecchi bandi
  Non osserva il Signor, perc’han dismesso
  Il Tribunal de la Vergogna i Grandi.
Nè potrian le Vergogne il suo processo
  Giusto formar; mentre si sà ch’Amore
  Corrotte hà già le sue Vergogne in esso.

Momarte.


Tanto à le nari mie cresce il puzzore,
  Tanta nel petto mio bile s’ingrossa,
  Quanto il lercio Signor grado hà maggiore.
Stilla d’olio caduto in veste rossa
  Di Ebalio sangue, e più deforme assai,
  Che sù rozzo Gabban macchia più grossa.
Questi signor, di cui parlato m’hai,
  Son sepolchri, che fuor hanno ornamento
  E aperti poi turbano il naso, e i rai.

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