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218 Delle Frascherie

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Al Poeta il Frontin manca, e ’l Baiardo
  E se ’l Carro hà Febeo gli assi son guasti
  Perche la fame sua vi magna il lardo
In borsa io non havea spirti sì vasti,
  Che trar potessi à spinta di monete
  Una pista di poste a tanti pasti.
Mi bastava d’haver piante inquiete,
  Quanto haver suole il Sol lungo il camino
  Quando verso Torin marcia d’A Riete.
Visto havrei quel paese, il qual supino
  Si slonga in mare, e l’Appenin gli forma
  Bottoneria al Gabban, l’Alpe un Cuscino.
Qui può stampar peregrinante un’orma,
  Chi haver professa Italiane impronte,
  Già che l’Italia hà d’un Stival la forma.
Quando le mie bazzecole fur pronte,
  Presi un Destrier, nel cui devoto collo
  Era una corda, e una campana in fronte.
Invoco hor tè Cavallerizzo Apollo,
  Ch’usato sei là per l’Aonio vallo,
  Sopra il Pegaso mio far caracollo.
Fatto conto, c’hor, hor monti à cavallo;
  E à la partita sua sproni il Ronzino,
  Narra per mè di sua partita il fallo.
Questo Ronzin; videlicet Ronzino,
  Giusto non è, ma sette volte intoppa:
  E pur nome han di Giusto buon latino.
Non hà di lingua intelligenza troppa,
  Intende sol, quel che vuol dir, Sta lì,
  Mà non sà poi quel che vuol dir, Galoppa.
Tratta di trotto tutto quanto il dì,
  E s’io scuoto la briglia, e dico nò,
  Mi balza il capo, e mi fà dir di sì.

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