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236 Delle Frascherie

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Nè giova il dir, pria d’imparar l’horrende
  Norme di Corte, eleggerei stoccate:
  Ch’al fin tu cangierai stanza, ò vincende
Vuoi da Numa incocciarvi? havrai risate;
  Vuoi parlarvi da Tullio? havrai maligni.
  Vuoi dar frutti, qual Noce; havrai sassate.
Vieni, vieni a la Corte, i più benigni
  Volti vedrai degenerar costumi,
  Corvi vedrai pennelleggiati in Cigni.
Di curioso ardire arma i tuoi lumi,
  Se vuoi veder, come i Pianeti pazzi
  De’ miracoli suoi fanno i Volumi.
Quì Dionisi vedrai fuor de’ Palazzi,
  Deposto il piè da i lubrici Governi,
  Insegnar Deponenti ai suoi Ragazzi.
Vedrai bassi Agatocli a i più superni
  Gradi inalzarsi, e in tributarie Terre
  Empir d’oro non suo gl’Orci paterni.
Quì tù vedrai Cortegiane Guerre
  Hasta una lingua, e scrupoloso farsi
  Di stupro un Clodio, e di rapine un Verre.
Vedrai servo Pallon d’aure gonfiarsi,
  Erger al Ciel, per forza d’altri, il moto
  E per natura sua precipitarsi.
Vedrai de’ Venti un Venturier mal noto
  Entrar ne’ Golfi, e frà i marini dubi
  Di sicura Galea farsi un Piloto.
Vedrai tal hor le tempestose nubi
  Tuonar naufragi, e per sacrarne un voto,
  Spesso adorar qualche latrante Anube.

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