< Pagina:Frascherie.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
238 Delle Frascherie

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:238|3|0]]

Ma se muore per sorte un Can barbone
  Subitamente il Rè l’altro domanda,
  Bestia non v’è, che supplichi il Padrone
Guarda in somma chi serve, e chi comanda,
  Guarda bene il Pastor, guarda la lana
  Che diffetti vedrai per ogni banda.
Tanto Croco Cilicia, Hibla Sicana
  Non spuntò tanti fior, quant’hoggi esala
  Noiosi odor Cortegianesca tana.
Giostra è la Corte, ov’è Bugia la gala,
  Premia una Gratia, è Saraceno un Merto,
  In cui di tradigion Lancia si cala.
È la Corte di Musica un concerto,
  Ove ogni bocca a dar Motetti è nata,
  Ove un Falsetto cor sempr’è coperto.
Quì fà Passaggio ogn’hor Turba incantata
  Quì Soprano ufficial lacera un Basso,
  E quì merta Battuta Alma Intonata.
La Corte è un mar di scoglio, nato sasso,
  Peggior di quel, che la falange Argiva
  Ne l’onde Cafaree misi in conquasso.
Mar che mostra al Nocchier calma attrativa
  Mà tosto inganna; e inferocita l’onda
  Di tolta Libertà nega la riva.
Mare, ov’hanno i Pirati aura seconda,
  Ove i liberi arbitrij al remo stanno,
  E dove al fin merce di senno affonda.
Mare, ove molti à ricercar si danno
  L’Isole Fortunate; al fin che giova?
  Sol di Buona Speranza al Capo vanno.
Mar, che costa salato a chi lo prova,
  Ove son Cappe lunghe, e Pesce Spada,
  Ov’un Porpore pesca: e un Granchio trova

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.