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278 Delle Frascherie

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Giunto il Papero a Giove, immantinente
  Lassar gli Dei l’adulterin sembiante;
  E presa la natia forma splendente;
  Instupidir de gli hospiti le piante.
  Abbagliati adorar quei di repente
  Il Nume Caducifero, e ’l Tonante,
  E Giove a l’hor del suo baleno a i doni
  Volle accoppiar di tai parole i tuoni.

Siam Numi. Al fin da’ nostri cenni havranno
  Non creduti dolori l’Alme vicine,
  N’andrete impuni voi ne l’altrui d’anno
  Mà seguir mi convien l’orme divine.
  Tosto in traccia de’ Numi i Vecchi vanno
  A contemplar de la Tragedia il fine,
  L’uscio aperto lassar: mà dice il Testo,
  Chi memoria hà di Ciel, scordasi il resto.

O belle à gl’occhi miei verde Campagne,
  Care à l’orecchie mie Linfe sonore,
  Valli, à cadente sen pronte Compagne,
  Rivi algenti lavacri à l’arso core,
  Già che amico destin vuol ch’io scompagne
  Da l’herbe il fianco, e da l’humor l’ardore,
  A Dio valli, à Dio rivi, ecco in congedo
  Un fior al prato, un bacio à l’acque io chiedo.

Sì dicea Filemon, mentre il suo passo
  Movea dal patrio suol timido, e tardo:
  Finchè in cima del colle al corpo lasso
  Dier posa i Vecchi, e n’arretraro il guardo

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