< Pagina:Frascherie.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Fascio Primo. 67

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Frascherie.djvu{{padleft:67|3|0]]

Qual de le guerre sue Cesare hà il frutto?
  Che prima un huom, e poi fu Dio chiamato
  Da un Bruto; o un brutto termin’è condutto.
Che fa Pompeo, quell’inclito Soldato?
  In mano al fin del Traditor rimane
  Mal capitato, e ben decapitato.
Che n’è di Mario? Entro palustre tane
  Di Minturnia palude, ove hà paura,
  Trombe de’ suoi disnor stridon le rane.
Mesto fin finalmente hà la bravura,
  Chi la dura à la corte è vincitore:
  Mà ne la guerra al fin perde chi dura.
Quel, che insegna à temer sol col rigore
  D’Arme Tiranne i tradimenti insegna;
  Che d’ossequio infedel, Mastro è ’l timore.
Quel che visse homicida in van si sdegna
  S’ucciso muore. Hoggi l’instabil Diva
  Fà vicende servili anco in chi regna.
E pur s’armano i Mari, e pur l’Argiva,
  Benche ’n flutti d’Euboa Nave sdruscita
  Gli urti arrischiar vuol di Capharea riva.
E pur s’armano i Campi, e la crinita
  Discordia i dubbi Regni, agita, e turba
  E l’altrui Morte à i Regi arme è di Vita.
Sotto il manto d’Astrea copron la furba
  Collera i Grandi anzi col voto solo
  D’un Feccial capriccio arma la Turba.
Ne’ manifesti lor piangono il duolo
  Delle fiamme attaccate, e pur son tutti,
  O l’acciaio, ò la pietra, ò ’l solfaiolo.
L’haver più Stati in sua balia ridutti,
  Chiaman novi Nembrotti, arie da caccia,
  E private letitie i comun lutti.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.