Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Impietrito in quella tenebra, dubitoso, tutta un’ora
stetti, fosco, immerso in sogni che mortal non sognò ancora!
ma la notte non diè un segno, il silenzio pur non fu
rotto, e solo, solo un nome s’udì gemere: Lenora!
Io lo dissi ed a sua volta rimandò l’eco: Lenora!
Solo questo e nulla più!
E rientrai! ma come pallido, triste in cor fino alla morte
esitavo, un nuovo strepito mi riscosse, e or fu sì forte
che davver, pensai, davvero — qualche arcano avvien quassù,
qualche arcan che mi conviene penetrar, qualche mistero!
lasciam l’anima calmarsi, poi scrutiam questo mistero!
Sarà il vento e nulla più!
Qui dischiusi i vetri e torvo, — con gran strepito di penne,
grave, altero, irruppe un corvo — dell’età la più solenne:
ei non fece inchin di sorta — non fe’ cenno alcun, ma giù,
come un lord od una lady si diresse alla mia porta,
ad un busto di Minerva, proprio sopra alla mia porta,
scese, stette e nulla più.
Quell’augel d’ebano allora, così tronfio e pettoruto
tentò fino ad un sorriso il mio spirito abbattuto:
e, sebben spiumato e torvo, — dissi, un vile non sei tu
certo, o vecchio spettral corvo della tenebra di Pluto?
Quale nome a te gli araldi dànno a corte di Re Pluto?
Disse il corvo allor: «Mai più!».
Mi stupii che quell’infausto disgraziato augello avesse
la parola, e benché quelle fosser sillabe sconnesse,
trasalii, chè, in niuna sorta — di paese fin qui fu
dato ad uom di contemplare un augel sovra una porta,
un augello od una bestia aggrappata ad una porta
con un nome tal: Mai più!
Ma severo e grave il corvo più non disse e stette come
s’egli avesse messo tutta quanta l’anima in quel nome:
sovra il busto, appollaiato — non parlò, non mosse più
finchè triste ebbi ripreso: altri amici m’han lasciato!
il mattin non sarà giunto ch’egli pur m’avrà lasciato!
Disse allor: Mai più! mai più!