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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 21 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
CRITICA BIBLIOGRAFICA. Qunlelie osservazione intorno all’Ojiiiseolo «lei sijs. Giism’i’E Borio, intitolato Sitila otijHH’tanità ili una nuova Segnalava musicate. ’f i questo ingegnoso ragionatóri mento abbiamo giù tenuto breJve discorso nel precedente no>stro foglio, ed abùeiichè ci siano s-rjMw-o -corse dalla penna alcune misurate ma giuste parole di lode sul merito di esso, non possiam tuttavia tacere per amore di verità che i principii del sig. fiorio, come già accennammo, sono tutt allatto contrarii alla nostra maniera di pensare, e in complesso a quella di pressoché tutto l’odierno mondo artistico musicale. Era dapprima nostro pensiero di esaminare partitamente da capo a fondo tutto il ragionamento del sig. Borio; ma siccome egli mostra appoggiarsi, come dicemmo, a basi ben poco solide, cosi ne sarebbe stato forza di postillare di lunghe e tediose osservazioni pressoché ogni periodo dell’autore. Perciò abbiam cangiato di parere e non toccheremo invece se non se complessivamente de’ primordiali principii dell’autore, dietro i quali egli si erige a propugnatore della Riforma del sig. Gambale. Osserva l’autore, che il sig. Gambale avvertì, o almeno gli sembrò dover avvertire, che Li musica trasferitasi dalla chiesa all’espressione degli affetti, andò mano mano dilungandosi dalla severità del genere diatonico, passando indifferentemente da quello al cromatico, Jino a seiyirsi quasi esclusivamente di quest ultimo. Considerò quindi i dodici suoni cromatici racchiusi nell’ottava come i suoni elementari della nostra musica. Che il sig. Gambale, senza averne ancora in persona mai parlato chiaramente sullo spirito del suo sistema, dia a divedere d essere d’opinione irremovibile, che la nostra musica si aggiri su d’un sistema tutto affatto cromatico e tale da stabilire un’assoluta egual distanza ed indipendenza de’ dodici suoni cromatici, è cosa che non ci riesce menomamente nuova; basta dare un’occhiata alla sua Riforma, per vedere che vi è abbandonata al tutto ogni possibile figurazione enarmonica, tanto dietro il sistema antico che moderno, e che amalappena vi si rinvien tracciata la diatonica. Base sua fondamentale è dunque un sistema cromatico assoluto, il quale quanto possa convenire col nostro cromatico apparente, è quello che ora ci faremo ad osservare. Il sig. Borio asserisce adunque che la musica moderna si aggira quasi esclusivamente sul genere cromatico, ossia, come osserva in altro sito, sull attuai sistema temperato; aggiunge (niente meno) esser assolutamente falso, che affiggendo un diesis o un bemolle a una nota, si debba considerare il suono risultante come modificazione del suono prossimo: che anzi ciò non è: (sono sempre parole sue) mentre ciascun suono è stato dal sistema del temperamento reso indipendente da ogni altro. - I)a queste idee sul cromaticismo attuale e sul temperamento ricava il sig. Borio le più belle ragioni a difesa -della Riforma musicale. Àlfuopo di meglio spiegarci su questo punto, ci si permetterà di fissare due generi di cromaticismo. L’uno, come già accennammo, apparente, l’altro reale. Il genere cromatico apparente, e che è quello che, come vedremo, si adopera comunemente, scorgesi risultare.: L" dalla mistione assai usitata al presente de’ due modi maggiore o minore: 2." dall’introduzione di certi raddolcimenti, serventi all’oggetto di tórre la durezza del passaggio da un tuono all’altro, dal che deriva l’introduzione de’ suoni degradati od accresciuti, sì nelle parti armoniche come nelle melodiche. Da queste due cagioni semplicissime nasce il bisogno di que’ due semplicissimi segni di accrescimento o di diminuzione, i quali chiamansi diesis e bemolle, e che tanto rettamente indicano e all’occhio ed alla mente qualunque mossa o andamento armonico e melodico. L’introduzione di codesti segni od accidenti ( che non sono appunto che accidentali, come il loro nome lo indica ) fa sì che tal genere di musica sia stato chiamato, abbenchè impropriamente, cromatico, per distinguerlo dal puro diatonico: il quale per noi, a dir vero, e anche pei nostri antenati fu sempre poco men che imaginario, perchè la sola adottazione del tuono minore secondo alcuni allontanerebbe il diatonicismo dalla severità delle sue regole. Meno ancora può chiamarsi cromatico (intendiamoci sempre di quella specie di cromatico al quale vuole il sig. Borio che siasi appoggiata la Riforma del sig. Gambale) il nostro attuale sistema armonico, checché ne dica l’autore, il quale parla in codesto opuscolo di accordi cromatici. Se ci parlasse di qualche transizione così detta enarmonica, di qualche altra detta cromatica, allora saremmo sulla strada di poter intenderci. Ma l’accordo cromatico non si sa davvero concepire quale sia, nè nessuno di noi,nè il sig. Borio istesso saprebbe darci un trattato forse d’armonia cromatica. Le nostre regole armoniche vertono interamente sul sistema diatonico, vale adire non troviamo accordo che non si componga di suoni diatonici puri o modificati’, nè transizione che non sia chiamata da relazioni diatoniche; accordi e transizioni che appartengono, è bensì vero, a modi maggiori e minori, e vengono mischiati con rapida successione, ma che perù non sono che di pura sostanza diatonica, quando ne si conceda che i sette suoni della scala de’modi maggiore e minore si debbano pur chiamare diatonici. - Per ultima prova che il nostro sistema così detto cromatico, non è, salvo rarissime eccezioni, che tutto affatto diatonico, noi pregheremo il sig. Borio a levare gli accidenti a qualunque suono alterato di un pezzo (scritto correttamente) tanto negli accordi come nella melodia, e vedrà che ne resterà ancora tutta intera l’essenza melodica ed armonica; non constando tali accidenti, che, come abbiam già detto, di semplici accrescimenti o diminuzioni accidentali latte allo scopo di render meno duro l’intervallo di un tuono intero. Dal che si vuol inferire che un sistema musicale, che de’ suoni diminuiti ed accresciuti volesse farne degli assoluti ed indipendenti, noii collimerebbe in giustezza di suono con quelli, perchè l’acustica ne lo prova a sufficienza, e sarebbe anche pel solo oggetto di figurazione musicale appoggiato a base falsa. Eppure il signor Borio non esita menomamente ad osservare tali suoni accidentali essere tutt’altro che modificazioni del suono antecedente ed anzi non doversi qualificare che affatto indipendenti gli uni itagli altri! Ecco però che ripetendo queste ultime parole dell’autore veniamo alla precisa distinzione del sistema cromatico reale, quale lo intendiamo e quale deesi intendere in fatto. - Allorché i dodici suoni raccolti nell’ottava formeranno appunto, come dice il sig. Borio, una serie di suoni tutt’all’alto indipendenti gli uni dagli altri ed equidistanti, allora soltanto avremo il reale sistema cromatico. Ma come rarissime volte ciò ha luogo! e se mai si riscontra, egli è nella sola Melodia: nell Armonia, come già accennammo, non si saprebbe neppur imaginare R). (I) Per meglio essere compresi, portiamo qualche esempio della melodia realmente cromatica quale da noi si intende. Tale sarebbe il crescendo in do precedente la sirena del primo finale de’Capiènti, qualche brano del secondo studio di Chopi» dei dodici dedicati a Liszt, parte del primo c secondo rigo della quinta pagina di una melodia sacra di Schubert, ridotta da Liszt ed intitolata!«IS I
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