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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:108|3|0]]giore può servirci a fare di questo un tono misto, il quale può convenire a tutte quelle espressioni di affetti dolorosi, in cui la /•vi j potenza morale pena a sostenersi. Ma più di tutto 1 inclinazione die quasi tutti gli accordi spiegano, e la chiarezza con cui ci fanno presentire quale 1111 accordo di tonica. quale un nuovo accordo dissonante, quale il tono maggiore, quale il minore, e le sorprese e gì inganni di cui sono suscettivi fanno dell’armonia un linguaggio veramente espressivo che vi rappresenta un corso di vicende, di timori, di speranze, di sorprese, di consolazioni, di urti; un quadro insomma dell’umana vita. E fra tante armonie irrequiete un solo punto di riposo, una tendenza continua a quello, una necessità assoluta di averlo presente alla memoria, talché ove venga a smarrirsi subentra immediatamente la confusione, la bruttezza, un disgusto reale, insoffribile; e finalmente le dissonanze che la melodia aggiunge alfarmonia e che pure passano inavvertite. sempre che il carattere ne sia intelligibile, provano che il rapporto è una circostanza meramente casuale e che perciò il senso essendone estetico è indubitato essere estetiche le proprietà dell’armonia. Ma confrontiamo tra loro questi elementi onde il vero ufficio di ciascuno si dimostri più chiaramente. XII. Il tono, dicemmo, è la rappresentazione dello stato della potenza morale, ma il tono si manifesta nei due elementi Melodia ed Ai •monia. La melodia è l’accento dell a voce di chi esala i propri sentimenti, è Una sostituzione alle inflessioni della voce nella più semplice declamazione, e se si vuole alla parola medesima, ond’è che a significare che un qualche esecutore suona con espressione, anche il volgo usa dire eli’ ei là parlare il proprio istromento. In falli chi è che all’udire una melodia da un istromento qualunque non ricorra col pensiero ad un essere vivente che esprime in tal modo i propri affetti, e non se lo figuri di forme analoghe al carattere di quella voce eli" egli ode? Fa stupore che uomini educati al bello delle arti abbiano confuso il canto della donnicciuola che sta cullando il bimbo per addormentarlo, e dell’artiere che fa più lieve il diuturno faticare col canto drammatico, trovando assurdo che vi si muoja cantando, cioè esprimendo con un linguàggio proprio gli ult imi accenti, mentre poi non si trova assurdo che questi accenti siano in versi. Conviene aver sentito la Pasta, la Lalande, la Malibran, la Mor’andi. e Lablache e Tamburini, e Donzelli, e Rubini, e Tacchinardi e Filippo dalli iielfAgnese, nella Gazza Ladra, nell’Otello, nella Giulietta e Romeo, nel Pirata, nella Straniera, nella Norma per convincersi della verità che può assumere il canto drammatico, e come sparisca persino l’idea d’artifizio quando l’arte ha raggiunto quel sommo grado di sentimento. XIII. Provatevi però ad isolare quelle qualunque siano molodie più espressive togliendo l’accompagnamento, e presentatele così eseguite a chi non le abbia da prima intese, non vi otterranno presso che alcun effetto, tanto perchè il carattere dei suoni non può essere sufficientemente determinato, quanto perchè manca un elemento © che ha una rappresentazione, una missione dV) tutta propria, una speciale prerogativa di Vj farne conoscere le commozioni più intime, g® tutto lo stato dell’animo del personaggio Hi reale o ideale che ci parla il linguaggio della melodia, dando, diremmo quasi, voce sensibile ad ogni fibra vitale, ad ogni sensazione od oscillazione ricevuta dalle potenze esteriori e dalle passioni. La parola, benché concorra alla dichiarazione del senso melodico individuando ciò che i suoni non presentano che sotto forme generiche, non potrebbe supplire al1 armonia; perché ogni volta siasi innalzata la declamazione al punto di divenir canto è d’uopo’ che tutti gli clementi dell’arte concorrano a rendere completa l’espressione dell arte medesima, Così, benché i contorni di una figura bastino a farvela intendere, pure desiderate vederne il colorito, le ombre, gli atteggiamenti. gli oggetti su cui porta 1 azione o di cui riceve l’impressione per intenderne lo scopo, la vita. Fin qui però l’armonia non è considerata nella modulazione da tono a tono, modulazione che sarebbe quasi nulla senza di questo elemento, e il di cui significato vuoisi ben intendere. Il tono è la maniera di essere dell’ente ideale annunciato dai suoni: il cambio di tono è dunque una modificazione di esistenza ancorché non si passi dal maggiore al minore o viceversa; una modificazione che ha il carattere d aumento o diminuzione spiegato dalla natura degli intervalli cromatici con cui s’effettua il passaggio, non meno che dal confronto elio facciamo più o men facilmente del nuovo col tono lasciato. che nell’arte dicesi relazione o affinità. E queste modificazioni ora tenui ora forti, ora presentite, ora improvvise si comunicano aU’ascoltante e ci fanno prendere tanta parte alle vicende di quell’ente perciò appunto che celo dipingono della nostra medesima natura e come noi accessibile ai dolori ed ai piaceri della vita. Non occorre qui sceverare tutti quei passaggi di tono che senza l’armonia non sarebbero possibili, nè tampoco determinarne il senso. Il sentimento ne giudica o li classifica meglio di qualunque ragionamento quando la riflessione ha scoperta l’analogia che hanno colla vita Oh Il ritmo a cui Rousseau, e, come narra un articolo del Teatro Universale, lo stesso Rossini ascrivono tutta la facoltà espressiva della musica, si giova deH’armonia. mentre che le porge nuova forza. Infatti togliete l’armonia, forza è ridurre il canto al ritmo della canzone popolare. mentre per l’opposto il ritmo svariato nelle melodie secondarie lascia più libertà alla melodia principale di seguire l’impulso del sentimento. e intanto quella riunione di ritmi dichiara sempre maggiormente il senso musicale e rende l’espressione più estesa, più analoga, più’evidente. M.° R. Bouciiebox. {Sarà continuato). (I) Pubblicandosi questi articoli sulla filosofia della musica separatamente dal nostro Trattato d’armonia, sebbene elaborati su di un unico principio, crediamo bene di darne qui un’idea, ond’essere meglio intesi,; Parlando delle consonanze e dello dissonanze ivi osserviamo: l.l’L’intervallo di ottava essere sì rassoniigliante coli’ unisono da confondersi col medesimo, 2.° la quinta naturale distinguersi dall’unisono, nta armonizzare perfettamente con esso senza che perciò ne risulti un vero carattere morale determinato, epperciò essere l’accordo di prima, quinta e ottava proscritto siccome vuoto. 3.® Che se. si rivolti la quinta in quarta si avrà la sensazione di stravolgimento, l’idea di un disordine spiacevole benché non accompagnato da vero urto, motivo per cui quest’intervallo è da molti teorici annoverato assolutamente fra i dissonanti, 4.° più armonico risultare l’intervallo di terza maggiore 0 minore ed il rispettivo rivolto a motivo che i due suoni si caratterizzano a vicenda con somma facilità di intenderli. Facendo pertanto un gruppo in cui siano compresi tutti questi intervalli senza alcun altro si ha un accordo completo, caratteristico, armonioso, senza urti, il quale perchè appagante per sè medesimo dicesi accordo perDELLE PRESEMI CONDIZIONI BEIAA MUSICA. ARTICOLO III. (Vedi i N. 17 e 20 di questa Gazzetta). Una seconda opinione, che nell’articolo comunicato dal chiaris. sig. Melimi e dato nel N. 5 di questa Gazzetta, ci parve di scorgere non conforme alla verità, è quella che l’arte della musica sia al tempo nostro venuta a tal confine di squisitezza, che impossibile sarà ai venturi di farla più innanzi progredire. Egli che nei saggi del secolo passato vide non altro che i fortunati esperimenti della pittura del secolo di Giotto, non avvertì di considerare, che (l’un salto ella non poteva volare all’apice del suo perfezionamento. e che da Giotto a Ratlaello passarono senza meno due buoni secoli: due buoni secoli non sono passati da Cimarosa a Bellini, Perseverando nel suo sistema di comparare l’una arte coll’allra, noi non possiamo dimenticare che dall’uno all’altro dei suddetti luminari pittorici la storia registra come grandi favoreggiatori dell’arte i nomi de Gaddi, del R. Angelico, del Masaccio, di i Leonardo, del Sansovino. del Bonaròtti, 7 quali tutti, al dire della prefazione sanesrt alle vite del Yasari, insieme con gli altri artefici italiani sembrali nati a spiafetlo. Tale accordo può presentare due diversi caratteri senza perdere di sua perfezione, dipendenti dalia proporzione dell’intervallo di terza, c lo diciamo accordo maggiore se la terza è maggiore, minore se tale è la terza. La sensazione prodotta da quésto accordo si può dire una sensazione equivalente a quella che darebbero i suoni della scala intiera battuti successivamente, la quale scala non è clic la somma dei suoni di tre accordi perfetti omogenei distanti l’uno dall* altro per l’intervallo di quinta naturale. Siano ad esempio gli accordi fa, la, do; do, mi, sol; sol, si, re: la somma dei suoni dati ed approssimati per intervalli di seconda, sarà, do. re, mi; fa, sol, la, si, do. prendendo per principio e (ine il suono su cui unicamente può aversi ii sentimento di perfetto riposo, sia ascendendo clic discendendo, e questo suono, uno dei tre fondamentali, è quello che diciamo Tonica, mentre al primo fondamentale fa ( quarta del tono ) diamo il nome di sotto dominante c quello di dominante all’ultimo fondamentale sol (quinta del tono). £ clic tale sin la derivazione deli.t nostra scala diatonica ne c prova l’accompagnamento più naturale della scala medesima, e bordine degli accordi più essenziali della vera cadenza armonica i quali sono tonica, sottodominante, dominante e tonica. Provate ora la sensazione de’ due suoni simultanei a qualùnque intervallo non compreso ncH’aceordo perfetto, e ne risulterà il sentimento di un urto che vi fa presagire un movimento di quei, suoni ad un altro intervallo. Quest’inclinazióne a muoversi, questo presentimento di una nuova sensazione è ciò che diciamo dissonanza, e si fa più o men chiara, 1.° secondo l’intervallo dei due suoni da cui deriva: 2.° dall’omogeneità di carattere degli intervalli o suoni che vi si aggiungono a compiere l’accordo i quali distruggono le omologie di intervalli. 3.° Dalla idea di tonica preesistente la di cui influenza distrugge ogni omologia di accordo, -i 0 E finalmente dalla situazione agli estremi anziché alle parti medie di almeno uno fra i suoni che costituiscono l’urto. L’intervallo che per pròpria natura più diflicilmente si intende è la settima maggiore benché commista ad intervalli tutti consonanti: per renderla praticabile, cioè per dichiararla,’ non vi è altro mezzo fuorché o prepararla, o preparare l’accòrdo a riceverla, c ciò sia detto «li qualunque dissonanza troppo cruda a sentirsi senza preparazione. Ma se la dubbiezza di carattere nasce da poca omogeneità dei suoni intennedii, anziché dall’intervallo dissonante, basta a toglierla l’idea ben chiara della tonica. Cosi l’accordo di settima minore cui si frapponga terza minore e quinta naturale è meno armonioso di quello in cui si pongono terza maggiore c quinta naturale, o terza minore é quinta diminuita, sebbene questi contengano una dissonanza di più. 1/ intelligibilità è ancora quella ch§ segna i limili delle transizioni da tono a tono. Cangiar tono è còme cangiare il punto di nostra ubicazione. Noi abbiamo bisogno di sapere dove siamo, in ogni momento di nostra vita, e se una potenza nel costringerei a mutar luogo ci impedisse di intendere dove ci ha trasportati, e la strada che ci fece percorrere, in quel nuovo sito non avremmo nè sicurezza nè posa. < T sentimenti destati dalle arti non variano da quelli f che si suscitano nelle diverse circostanze della vita, so- V lamente sono di questi assai meno intensi in proporzione della minor influenza sulla vita istessa, e della | suscettibilità di ciascuno a risentirne gli effetti ed esserne y commossi.:. (t

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