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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:119|3|0]]Per Fordinario questi due generi si trovano insieme commisti o alternati, sia perchè non sempre 1"affetto è tanto vibrato, o si forti le parole da spingere la voce a tal grado di declamazione da potersi tradurre in musica, sia per adattare lo stile al cantante, e finalmente per una particolare tendenza dello scrittore dipendente dal modo proprio di sentire. Cosi la Pasta e la Malibran figuravano meglio nel genere misto che nel puro ideale; la Lalande nel declamato; Rubini. Tamburini, la Orisi nell’ideale; Donzelli, Lablache e Cartagenova nel declamato. Cosi Bellini è o fortemente declamato, o sommamente ideale; Rossini, Donizetti e Mercadante tendono al misto; Meyerbeer aifi ideale. Il compositore che avrà studiato la declamazione parlante procurerà far suo ogni genere per servirsene ove meglio lo esigeranno e gli affetti che deve trattare, e gli attori pei quali scrive. CARATTERE BE’ TOSI. Qui cade in acconcio di far parola del carattere dei toni, il quale certamente non si può trascurare da chi voglia trar partito di tutti i mezzi che 1 arte fornisce. XX. Noi siamo soliti a non far altra distinzione di toni fuorché quella di maggiori o minori; pure chi è che iniziato appena nell’arte non distingue un tono dall’altro se non pel nome della tonica, per un’indefinibile diversità di carattere! Ma da che trae origine tale differenza fra toni lutti costrutti su di un modulo e ai quali convengono le medesime modulazioni, le stesse regole armoniche? Nè si può dire che il diverso carattere sia poco sensibile, essendo non pochi gli esempi di persone che ignare allatto di musica risentono in particolar modo alcuni toni ed agli altri li preferiscono, il che si è pure osservato in infermi e maniaci. Nell’orchestra sembra potersi attribuire lo strepito maggiore che vi fanno ì toni di ì-e, di sol, di la maggiore alla quantità di suoni ripercossi dalle corde vuote sol, re, la. comuni a tutti gli strumenti da arco. Infatti il tono di /-e, che più d’ogni altro è squillante, trova tutti i suoni della sua scala rinforzati dalla risuonanza simultanea di qualche corda vuota; e così gli altri toni perdono di vivezza a misura che hanno minori suoni ripercossi e divengono di mano in mano più cupi. Aggiungi l’influenza che vi può avere la maggior chiarezza con cui negli strumenti ad arco rispondono le corde vuote. Tutto ciò però non è applicabile agli stranienti a fiato, i quali divengono più squillanti quanto più sono acuti, perlochè, siccome ai toni men vivi degli stranienti a corda vengono a corrispondere toni più squillanti in quelli a fiato, dovrebbe trovarsi una specie di compenso scemante non poco le diversità dei toni. Ma questo è incontrastabile, ed esiste non solo nell’orchestra ma nel cembalo e nell’organo sebbene, non così marcata, e siccome qui la risonanza simultanea non ha influenza, si è creduto esserne cagione il temperamento. Ma questo temperamento altri lo vuole equabile, altri ineguale; ed un’accurata osservazione ci dimostra che un medesimo accordatore non tempera sempre egualmente tutti i toni, ma or l’uno or l’altro altera più o meno secondo si trova più o meno disposto l’orecchio senza che per- 109 ciò sia men buono l’accordo totale 0), Dalchè siamo tentati a credere che naturalmente il nostro orecchio si formi una specie di corista il quale ci serva come di punto a cui riferire non i soli toni musicali, ma ancora le voci parlanti, e dedurne i caratteri particolari. Per modo che troviamo poi fra queste e quelli una tal quale indefinibile analogia. Corista che forse a principio non è che il tuon di voce della nutrice e del babbo, e che pel conversare con più persone viene a fissarsi ad un punto medio, e si fa sempre più determinato coll’uso dell’arte e di un costante corista musicale a cui veniamo ad abituarci. Tale ipotesi spiegherebbe meglio d’ogni altra la facilità con cui gli iniziati nell’arte giungono non solo a riconoscere, dal suono che dà, il tasto del cembalo e dell’organo senza vederlo, ma pur anche ad intonare colla propria voce a preciso corista qual siasi tuono senza aver duopo di prendere l’intuonazione da un istromento. Che che ne sia delle cause, il fatto si è che sono specialmente rimarchevoli i caratteri dei toni: Ile maggiore, fragoroso Re minore, mite Mi maggiore, penetrante Mi minore, sentimentale Do maggiore, tranquillo I)o minore, terribile Mi bemolle maggiore, maestoso Fa bemolle maggiore, grave Sol maggiore, gaio Sol minore, patetico Fa maggiore, dolce Fa minore, cupo La maggiore, robusto La minore, soave, e simili clic l’osservazione fa sentir meglio di quanto possa esprimersi con parole. Importa dunque moltissimo la scelta del tono alla verità dell’espressione, e vi influisce a quel modo istesso che nel parlar comune e nel dramma recitato si riconoscono voci più analoghe ad alcuni che ad altri affetti. XXL Ma quando il concetto ritmico, melodico, ed armonico sia pieno di verità, ma o per motivo dell’estensione, o per qualche particolorità meccanica della voce o stromento più atto ad esprimerlo, non si possa assegnarlo al tono più analogo, dovrassi per questo solo rinunciarvi e perderlo? No: m tal caso l’accordo degli elementi principali coprir può il difetto del tono, di che non ne son rari gli esempi. Se però nel momento dell’ispirazione, o meglio prima, il compositore avrà cura di mettersi nel tono conveniente, ideando la sua melodia per quella voce o stromento che meglio si addice, difficilmente gli accadrà di dover traslatare il concetto in tono meno analogo. Gli antichi fino a Rossini si facevano dovere di terminare ogni pezzo di musica nel tono in cui si era incominciato; Bellini. e quelli che da lui presero le mosse, molte volte usarono diversamente; costume in vero comodo pei principianti, ma che conviene esaminare se ragionevole o no, ed in quali circostanze. XXII. La legge che prescrive di terminare nello stesso tono del principio è fondata sulla ragione dell’unita necessaria a tutte le belle arti, ma tanto più alla muti) Ciò può sembrate un assurdo od un paradosso; ma si troverà vero se si fanno accordare due cembali separatamente l’uno dall’altro, sebbene al medesimo preciso corista. In tal caso-sia uno l’accordatore o sian due si troveranno difficilmente a perfetto accordo i due; stromenti presi insieme, sebbene lo saranno isolatamente. sica quanto più sfuggevole e indeteminato è il suo linguaggio come si ragionerà in appresso. Egli è infatti osservato che un pezzo di musica in cui si passasse a sempre nuove idèe, a sempre nuovi toni, nulI altro sarebbe che una confusione, un discorso senza scopo, senza argomento ecc. Se è vero che in un discorso ben ordinalo il fine debb’essere conseguente al principio; se è vero che i toni abbiano un carattere, sarà vero altresì che l’ultimo tono debb essere eguale al primo, ammesso tutto al più il cambio di natura dal minore al maggiore. Ora, quando sarà trasgredibile tal legge? Nella sola musica drammatica, ed in quei casi in cui durante un medesimo pezzo, il progresso dell’azione viene a mutare l’affetto che a principio dominava. Cessa allora la ragione assoluta dell’unità, e dà luogo a quella più forte della verità drammatica, la quale esige il più perfetto accordo delle arti ausiliari colla poesia che ne è la principale. (Sarà continuato). II. Boucheuox. FRENOLOGIA APPLICATA AEEA MUSICA Click e Russivi. La fisonomia e il cranio umano offrono essi certi segnali infallibili per precisare le disposizioni, le facoltà, il grado d’intelligenza degli individui, e specialmente di quelli che sono dati alle arti dèli immaginazione? E egli vero che le osservazioni accumulate da Gali e da Lavater costituiscono una scienza positiva? Su questo punto i moderni sapienti sono in dubbio, in contraddizione, in incertezza; nè questo è problema da sciogliersi senza che passi ancor molto tempo. Checché ne sia i due seguenti aneddoti, che si sono riferiti per autentici, e che riguardano uomini versati nell’arte musicale, sono un argomento di più in favore del sistema fisionomico e frenologico. Quando Gluck incominciò la sua carriera di compositore drammatico ebbe opportunità di fare un viaggio a Zurigo ove si T 1 ^ II trovava Lavater che cominciava allora a gettare le fondamenta della sua scuola divenuta dappoi tanto celebre. Il tedesco compositore aveva sentito in vario modo ragionare de’ lavori frenologici di Lavater, e, senza credere ciecamente per infallibile la sua dottrina, senza abbandonarsi àU’animirazione delle sue osservazioni ede’suoi piionostici, della sua immaginazione vaga del maraviglioso. e del suo spirito irrequieto e ardente, s’era nondimeno molto invaghito per quanto ei ravvisava d’elevato, di nuovo, di ardito, e di piacevole nelle ipotesi di questo sapiente nuovatore. Cosi egli profittò del suo soggiorno in Zurigo per fare una visita a Lavater. Il fondatore della scuola fisionomica era allora nel suo studio, vero museo ove le teste di tutti gli uomini celebri dell’epoca erano cercate ed esaminate in ogni loro tratto e sembianza con gran diligenza per compiere così la voluminosa corrispondenza alla quale ogni giorno egli molte ore consacrava. Lavater parve che neppur s’accorgesse dell’entrare dell’artista, e occupato nelle sue idee proseguì a scrivere le sue lettere. senza nenimanco volgere la testa verso %

di Gluck. Passò intanto una buona mez- (

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