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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 33 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
POLEMICA.
Intorno alla risposta del sig. C. Mellini inserita nel N. 30 di questa Gazzetta e riguardante le presenti condizioni della musica in Italia.
Prima replica di G. Vitali.
Poiché della moderazione del vostro dire intendeste, onorevole sig. Mellini, ch’io vi avessi a saper grado insieme co’ benigni lettori che troppo bonariamente si fossero lasciati convincere da' miei ragionamenti, io non sarò quegli che vorrà deludere le vostre intenzioni; perciò, almen per conto mio, permettete che innanzi tutto ve ne renda quelle attestazioni che posso migliori, anche senza preghiera che mi vogliate essere generoso d’un eguale ricambio per quella discrezione che, come voi, farò di porre a queste mie parole. Avrò sol caro di meritarmi la conoscenza vostra se giungerò a persuadervi che niuna delle obbiezioni che m’avete opposto è basata sopra fondamenti di verità.
E per prima cosa, onde non dare nel grave, lasciate che con alquanto buon umore vi dica che fin dal bel principio avete fatto un salto mortale laddove asserite d’aver nel primo vostro articolo dimostrato che la musica drammatica abbia spiegato a’ nostri di tutta la inspirazione che può infonderle il genio e tutta la perfezione che può ricevere dall’arte.
Questo, sapete, sig. Meliini, propriamente questo voi non l’avete dimostrato nemmeno per ombra. Prima perché sarebbe impossibile prescrivere fin dove possa arrivare l’ingegno umano: secondo perché l'accennare come voi faceste gli avanzamenti dell'arte melodrammatica seguiti da un secolo in qua, non è mostrare che nessun altro avanzamento si possa più sperare. A ciò vi prego di por mente, perchè altro è narrare quello che si è fatto, ed altro è convincere che altro più non resti da fare; e qui è dove importava che aveste mostrato tutto il valor vostro. Ma voi non vi avete neppur provata la penna. Vedendo che la musica invece di proseguire il suo cammino ascendente, dopo d’essere dimorata per alcun tempo stazionaria, venne ad una fase di degradazione, voi, detto, fatto, n’avete concluso ch’ella era salita al suo culmine, e che più oltre non poteva salire. Ma questa conclusione è manifesto che non è nè la migliore, nè la sola che se ne possa dedurre. Indicando i varii miglioramenti introdotti, avete bensì gratuitamente detto che i recitativi furon perfezionati, che furon rimosse le inopportune ripetizioni, che i pezzi di concerto furon convenevolmente combinati coll’azione, che tutti i mezzi stromentali possibili furon a segno esauriti che il loro uso di un tratto solo cresciuto in abuso cadrebbe; ma con tutto ciò voi non avete in alcun modo provato che nuovi miglioramenti non si possano ancora introdurre per recare la musica allo stato di sua vera possibile perfezione. Questo era mestieri di fare per avvalorare la vostra asserzione. Su quest’ultima vostra proposizione dell’uso de’ mezzi stromentali, per esempio, avrei amato di vedere le vostre prove ineluttabili, perchè io posso assicurarvi ch’ella è tra l’altre un’opinione tutta vostra, e che niuno osa dividere con voi.
Ora, se qualcuno vi sostenesse che tutti i capolavori musicali che conosciamo, quantunque per grandi pregi di creazione commendevolissimi, hanno tutti, qual più, qual meno, delle mende notabili in fatto d’arte; perché o mancano di filosofia melodrammatica, o mancano di corredo armonico, o mancano di carattere estetico, o mancano d’inspirazione, o mancano di proprietà di stile, o mancano di varietà di maniere, o troppo danno alla melodia, o troppo all’armonia, o sono poveri d’istromentazione, o troppo sono fragorosi, e così altri ed altri difetti che vano qui torna l’enumerare, che cosa rispondereste voi che sostenete che la musica drammatica è venuta a quell’eccellenza oltre la quale non è concesso d’aggiugnere, e non sapreste poi a chi ve la chiedesse addurre nessun’opera ad esempio di questa insuperabile eccellenza, perocché dello stesso Guglielmo Tell di Rossini dite bensì ch’egli è di un genere grave quasi alemanno, magistrale, solenne, ma indi soggiungete ch’esso è meglio accetto generalmente ai dotti professori che alla moltitudine, e che non il Guglielmo Tell eresse Rossini arbitro della musica, ma piuttosto la Gazza Ladra, la Semiramide e tutti gli altri melodrammi foggiati alla sua seconda maniera, la qual maniera poi alla sua volta venite del pari riprovando siccome viziata per abuso di soverchi adornamenti e per difetto di natural canto drammatico? Non dite voi in questo modo che nè la Gazza Ladra, nè la Semiramide, nè il Guglielmo Tell, nè alcuna delle produzioni di Rossini, sarebbe l’opera esimiamente perfetta che proporreste ad esempio di quell’eccellenza oltre la quale non è concesso d’aggiungere?
Quando voi medesimo ponendo Rossini in luogo d’eclisse, o in luogo almanco di non assoluta supremazia, venite affermando con pace di tutti che solo all’apparir di Bellini apparve in sulle scene il miglior melodramma, che da lui solo è da ordirsi, sono vostre parole, il miglior tempo di quest’arte preclara; che solo dal punto che un pirata da fiera fortuna lanciato in sul lido, pietosamente narrò le sue pene... da quel punto la musica incominciò ad essere un dramma e un dramma fa musica, che sapreste rispondere voi a coloro fra gl’intelligenti che v’affermassero che nemmeno le composizioni di Bellini portano l’impronta del genere musicale eminentemente perfetto, perchè... perchè... perchè... e qui tutti i perchè che inutile torna il ripetere dacché ad esuberanza furon già ripetuti? Qual altro de’ maestri italiani vi presenterà quest’opera d’insormontabile eccellenza che nè in Rossini nè in Bellini non potreste trovare? Quando dall’esame di tutte le opere conosciute si vede chiaro, come la luce nel sole, che la perfezione dell’arte musicale deve nascere appunto, non dalla adozione esclusiva del metodo di comporre di questo o di quell’altro maestro, ma dall’unione, dalla fusione, dall’amalgama dei varj individuali elementi di che ad una ad una sono costituite coteste opere, quali saranno i capolavori che contrapporreste come modelli di tutta quell’inspirazione che può infondere il genio e di tutta quella perfezióne che può ricevere dall’arte, se v’ostinate a volerla disperare dall’avvenire?
Voi non l’avete abbastanza considerata tutta l’estensione di questa vostra sentenza, se non vi siete avveduto, che con una gelidissima mano di ferro avete chiusa la soglia dell’inspirazione a tutti gl’ingegni che in futuro potessero sperare d’accrescere il tesoro delle dovizie musicali italiane. Dire che la musica s’ebbe già tutta l’inspirazione che può darle il genio, è quanto dire che il genio non possa più nulla inspirare di nuovo alla musica. Siete ben fermo che una simile opinione possa recarsi in campo senza tema di vederla tacciata di poca cautela? Dire che la musica abbia spiegata tutta la perfezione che può ricevere dall’arte, è come dire che noi possediamo quanto di più perfetto l’arte possa produrre; è come disingannare ogni musicante avvenire di nulla poter più creare di meglio; è come sclamare: Lasciate la musica, o voi che verrete dopo di noi: voi non potrete crear nulla che superi quello che da noi fu creato. Prestereste voi la voce a questa disfida di scoraggiamento;
e, ve lo torno a richiedere, sapreste voi in-