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GAZZETTA MUSICALE

N. 38

DOMENICA
18 Settembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.

LA MUSICA CONSIDERATA COME ARTE M» iEVIALE. e il magistero delle arti non ad potesse servire che al pasiJCAà salempo, ai diletti della gene«r* Aerazione presente, ben poca ne $&&&§&&’ sarebbe l’utilità, che anzi alcune di esse appena cesserebbero di essere vere immoralità quando ottenessero di togliere per alcuni momenti un soffrente alle sue pene, o di esilarare la mente dell’uomo utile da lungo lavoro affaticata. No: non è questo lo scopo delle arti, di questo prezioso dono che il Creatore fece alla prediletta delle creature. • L’effigiale immagini «Son favella possente «Ai popoi, clic da secoli «Non ragiona; ina sente. Cosi scriveva un vigoroso genio italiano cui ci gode l’animo di poter render pubblico omaggio (t). Il linguaggio delle arti va dritto al cuore, vi s imprime indelebilmente, lo riscalda, lo signoreggia senza che questo s’avveda di obbedire ad altro che al proprio impulso. Ma ciò non basta. L’uomo non vive del solo presente: creato per l’eternità mal potrebbe spingere il pensiero alle speranze avvenire, se nulla losse per esso il passato, nè vivere potesse nelle memorie dei tempi che più non sono. Le umane generazioni avrebbero invano occupata la terra, se come le onde che scorrono sul letto d’un fiume, e vanno a perdersi nell’oceano, niuna traccia di sè lasciato avessero. La storia conserva le memorie:, ma la storia non avrebbe autorità, se ad attestarla non sorgessero i monumenti. Prova ne sia il dubbio che uno dei sommi filosofi italiani sparse su quella della’ guerra di Troja, della venuta d’Enea in Italia e dell’origine di Roma. (2) La natura conserva le testimonianze di Dio, le arti quelle delle generazioni passate: e le arti e la storia degli uomini, la natura e la storia delle opere divine si fondono in un libro immenso di verità che lo spirito concepisce, e il sentimento approva e conferma. Le arti acquistano il carattere solenne monumentale quando ricordano notevoli fatti e illustri uomini, quando ritraggono l’indole e il carattere dei popoli e dei tempi, (1) Cario Malaspina noto sotto il titolo di Facchino di Parma. (2) Vico, Scienza nuova. e quando finalmente segnano il progresso della civillà. Le arti hanno tutte una particolar attitudine ad ottenere piuttosto l’uno che l’altro di questi fini, a seconda dei mezzi proprii di ciascheduna-, ma l’Architettura e la musica sembrano atte in particolar modo a ritrarre il carattere dei diversi popoli, come quelle che sono men soggette a certe date materiali forme. Confrontate i diversi stili architettonici, dalle gigantesche moli dell’Egitto alle svelte forme corintie, dalla solenne semplicità dei templi dorici alla sveltezza delle guglie gotiche, dalle pesanti colonne sottoposte a più pesanti trabeazioni, che l’indiano scava nella rupe, alle volanti teltoje cinesi, e vedrete quante svariate forme riceva dal diverso sentire degli uomini il semplicissimo conflitto di una forza che combatte la gravità. Portatevi ora col pensiero a passeggiare fra le disotterrate vie di Pompeja. «A noi era nota» (cosi si esprime un dotto viaggiatore) «la storia politica e miti litare degli antichi. Nel foro, nel senato, «sui campi di battaglia conoscevasi il ro«mano, ma qual fosse la sua vita dome«stica, quali le sue abitudini, le costu«manze, tutto era dubbioso, incerto, ipo«tetico. A Pompeja l’antichità fu trovata «intatta, intiera: se ne cercano, se ne atti tendono gli abitanti, che non sembre«rebbe trascorso un giorno da che se ne «allontanarono». Tanto può la vista di quei luoghi! Che cosa mancherebbe a compierne l’illusione? Una voce, un canto, una musica di quei tempi, per quantunque semplice e rozza si fosse, che si facesse udire da una di quelle case, da uno di quei templi, accanto ad una di quelle tombe, darebbe vita a quel cadavere; e voi sentireste presente alla vostra immaginazione un popolo che da tanti secoli soggiacque ad una delle più tremende catastrofi. Immaginate qual più vi piace dei monumenti che ci attestano la grandezza di popoli che più non vivono che nella storia, e vedrete quanta vita acquisterebbero se alcune poche note, ma caratteristiche, venissero a rompere il silenzio spaventevole che le circonda: vedrete di quale magica evidenza riuscirebbe un canto che poteste suscitare anche solo allora che a quelle storie volgeste il pensiero. «Oh! perchè non si può dare all’effetto «dei suoni la solidità dei macigni!!!» Dicevarni un giorno uno di quei pochi che sentono nel più profondo dell anima il potere delle arti. Oh! Perchè dei canti di antichi popoli non rimangono che poche memorie insufficienti a farceli pure immaginare. Oh! perchè almeno non si tenta di preservare dal fatale naufragio ciò che pulsi potrebbe conservare; e non si segue da noi l’esempio datoci dall’Inghilterra e già imitato in parte dalla Francia, e Germania, di ricordare a quando a quando ciò che di rimarchevole rimane fra l’antica musica!. E musica antica, dicesi e non fa al nostro gusto. Ma perchè restringeremo noi i limiti già troppo angusti di nostra esistenza morale privandoci di tanta parte di memorie? Quella musica è antica, è totalmente diversa dalla moderna: si replica... Che vuol dir ciò? Vorrà dire che la musica prende carattere dalle abitudini, dai costumi, dal grado di civiltà dei popoli. Presentando essa differenze più risentite d’età in età a confronto delle arti sorelle, vorrà dire che scaturisce da un fondo più intimo, più vitale di noi stessi; che essa è più indipendente dalla materia, o dalle convenzioni umane; che perciò stesso è dessa un monumento da cui, meglio che da qualunque altro, possiamo conoscere le più intime graduazioni dei sentimenti delle umane generazioni; che quest’arte può divenire in alcune circostanze il testimonio più sensibile, più irrefragabile dei conflitti in cui dovette l’uomo trovarsi nelle diverse epoche in cui visse. Nè giova opporre che la musica essendo il linguaggio di pochi e non del popolo, le differenze che essa presenta dipender debbono dallo studio meglio inteso, dal genio più o men potente, da circostanze insomma tutte proprie dell’artista compositore. A combattere tale obbiezione, ove venisse fatta, noteremo in primo luogo che l’artista compositore non vive solt’altre influenze che quelle sotto cui vivono i suoi contemporanei, epperciò ritrae necessariamente in sè stesso il carattere comune. Quindi faremo osservare che il più gran genio per essere inteso e ottenere 1 applauso del suo tempo deve farsi interprete dei sentimenti comuni. Che perciò stesso ov’egli precorresse un’altra età non sarebbe inteso e non avrebbe onore qual si merita se non se dai posteri. Ciò che accadde nelle scienze a Copernico, a Galileo, a Vico, e tant’altri, accadrebbe pure nelle arti. Che dobbiamo noi concludere? Che per

giudicare la musica d’ogni tempo, d’ogni

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