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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 48 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
AWERTHIESTO «Col foglio di Domenica prossima si darà ai signori Associati la tanto lodata aria «Pria che spunti in ciel l’aurora» nel Ma tu i no sto Segre to, di Cimarosa. Questo pezzo sarà lottavo dell’Antologia Classica Musicale, il ’cui primo volume di ’156 pagine verrà compito quanto prima con altro pezzo scelto». COSTUMI TEATR ALI LE OPEREDI»IP1E«0 MFUBSSiOAi inoiuSTicnc ’Ili non fossepunto informato dei!,costumi teatrali italiani d’oggidì Sscrederebbe che, allorquando si - _^va a diseppellire dal suo obhlio una vecchia partitura per regalarla al colto pubblico d’utt qualche teatro di primo ordine, questo si faccia o nel caso in cui le parti di quell’opera calzino cosi bene alla varia capacità artistica de1 cantanti cui vuoisi affidare, che costoro abbiano a farci una figura magnifica e a mettere in delizie gli uditori, ovvero nell’altro caso del merito sì splendido, sì sublime della musica, per cui anche un’esecuzione imperfetta non valga a scemarne il prestigio, e tant’e tanto l’effetto debba essere più che strepitoso.... Ma il poverino che formasse questo giudizio ogni qualvolia gli venga veduto, sui cartelli del nostro gran teatro, l’annunzio di un’opera di antica data richiamata all onor della scena dopo più e più anni di letale silenzio, si ingannerebbe della grossa. D’ordinario avviene all’incontro che la scelta delle opere vecchie che si riproducono sui primarii teatri italiani è dettata o da ragioni di camerino o da meschine convenienze tecniche, o da pretese vane e imperiose che fanno alle pugna col retto senso artistico, e mettono sott’ai piedi quell alto discernimento e criterio che presieder dovrebbe alla superiore direzione delle cose teatrali. Il pubblico è noiato dell’aver udito per chi sa quante sere uno spartito, e c’è quindi la necessità di mutare lo spettacolo musicale, e non si ha lì pronto uno spartito, appositamente composto pe’ cantanti della stagione? - La è cosa subito fatta: si misura un tanto la spanna l’estensione della voce della prima donna (per la quale di solito si hanno i primi riguardi) e sol che si trovi chela tessitura della parte di soprano di un dato spartito, nota più nota meno, si attagli alla meglio a quella dell’orgarto vocale di madama la’protagonista, e si offra a mettere in ispicco le sue così dette risorse di gola, e ci sia per pezzo di sortita una cavatina di bravura da imporne ai bevigròsso, ed infine dell’opera qualche grand’aria a strepitoso effetto, tanto per finire lo spettacolo colle consuete smanie tragiche,... e la scelta è beffe fissata! Che poi le altre parti dello spartito combinino più o men bene coi mezzi di voce degli altri cantanti, questo poco imporla; o pel meno si fa presto con quattro tirate di penna a smozzicare i passi troppo alti, a tirar su pel collo i troppo bassi-, qui a levar un’agilità al tenore se il tenore non sa cantare che semiminime a ino’ de’ solfeggi de’ principianti; là ad incastrare una cabaletta a note sincopate per il basso, se il basso ha gusto per questo genere di frasi a singulti; un’aria si abbassa d’un tuono, un’altra si alza d’un semituono; e se occorre, si taglia, si accorcia, si trasporta, ecc. I maggiori guai si presentano nei pezzi concertati! Ma non per questo c’è da prendere sgomento: a tutto si trova rimedio... ed alla peggio poi c’è la banda militare sul palco (la quale nei finali d’oggidì non manca mai, e perfino i più dotti maestri non si fan riguardo d’introdurvela, se anche la scena avvenga in una stanza da letto con alcova, o in un gabinetto!) c’è la banda sul palco, dicevamo, la quale soffierà a tutto polmone e picchierà mazzate nella gran cassa, e farà quel maggiore strepito che si può: così le stuonazioni e le [armonie storpiate, e le concertazioni contorte, e tutti insomma i guasti, ingiunti dalla necessità di acconciare le parti dello spartito alla voce e ai mezzi de’ cantanti pei quali non fu scritto, tutti questi guasti si mascherano l’un l’altro con pietà fraterna, e si smarriscono e si confondono nell’informe frastuono di una stromenlazione che gli ammiratori di certi capolavori musicali d’oggidì chiamano del genere grandioso, ma che noi diremo bravamente baccanalesco. Il pretendere poi (come vorrebbero alcuni pochi intelligenti o i sofistici della nostra stampa), che la scelta delle opere vecchie cadesse di tanto in tanto su taluno de’ pochi spartiti classici della buona scuola italiana, o su qualche grandiosa opera dei più celebri maestri oltramontani, udita e acclamata in tutte le non ultime città del mondo incivilito e non mai date in Milano, il pretendere questo la è cosa da far sorridere chi conosce e osserva da vicino l’organizzazione dei primarj teatri d’Italia, e sa quindi che per costume inalterabile non si danno fra noi opere vecchie che come Opere di ripiego, e che quando si parla di Opere di ripiego, è sott’intèso che, salvo i rattoppamenti di cui si è detto sopra, per il resto bisogna andar alla spiccia o come a dire a’ tamburo battente, nè e’è da rompersi il capo, o gettar tempo a far il numero di prove necessarie. Un tratto che i cantanti e i cori ( battuta innanzi o battuta indietro più o meno non fa) abbiano imparato a star in tempo, c a tener ben d occhio la punta dell’archetto del capo violino, un tratto che siensi fissati i punti di fermala o corone dove la cantante protagonista o il basso o il tenore si propongono di sciorinar fuori una qualche barocca volata, un tratto che siensi alla beffe meglio stratagliati a colpo di forbice o rimpastocchiati i foglietti delle parti, sia di canto che d’orchestra, tutto il resto poco conta, e l’opera, o a dritto o a rovescio, o di buon passo o zoppicando deve andar in iscena. E cosa convenuta!... Voi dunque ben vedete che guai se, dopo tanto tempo che non ci son più dati a gustare, avessero a riprodursi a questo modo i capolavori dei Cimarosa e dei Paisiello, ovvero le grandi composizioni dei Cherubini, dei Meyerbeer, degli Spontini, dei May ri, degli Auber, degli Spoor! - Dunque, e finché le consuetudini teatrali, oggidì ricevute come leggi inviolabili e venerate, non si mettano sossopra per riordinare le condizioni della scena lirica italiana su basi più conformi alla buona logica artistica, è mestieri comportare in tutta pace che le cose camminino sulle grucce come per lo addietro, e tanto peggio per coloro ai quali fa dispetto, anzi ira, il veder la povera Musa delie crome e delle biscrome troppo spesso malmenata e invilita come fosse una fantesca da bettola, o una eroina da burattini. B. CRITICA»E’ («Mi’OsrroHi-iMixisri 1TALI1VI ed in isjMscie di I/Italia che in ogni ramo delle belle arti ebbe preminenza, ed alla quale le altre nazioni sempre si rivolsero in traccia del bello che in essa si ha e si sente, e di cui altrove si disputa, l’Italia- la terra dal genio prediletta, ebbe ben anco a produrre i primi saggi di composizioni per cembalo, istromento contrassegnato dapprima con varie denominazioni come di c lavici te rio, spinetta, clavicembalo e finalmente mercè le importantissime modificazioni ed aggiunte
del nostro Bartolomeo Cristofori, da