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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:220|3|0]]nia, mercè la ricchezza di melodie ond’era inesauribil fonte la calda sua anima, mercè l'ingegno col quale sapeva superiormente distinguere la portata, la natura e il carattere di ciascuno stromento, mercè un discernimento sempre sicuro e un gusto sempre mirabilmente dilicato e un sentire costantemente profondo, Mozart seppe imprimere a tutte le sue Opere un tal carattere di originalità e di ispirazione sublime di cui prima di lui non erasi mai avuto esempio.
Le grandi e caratteristiche bellezze delle creazioni musicali di questo insigne compositore sono di sì alta natura che, come vedemmo, neppure in Germania, ove per più ragioni la sua musica doveva trovare le più vive simpatie, non furono di primo tratto comprese. In Francia il genio di Mozart fu per un gran pezzo poco meno che un enigma. Ma da alcun tempo in qua, i Francesi hanno cominciato a gustare non solo i capolavori di Mozart, ma e quelli ben anche più profondi e fantastici di Beethoven. Ciò è dovuto in gran parte alla raffinata educazione musicale che, grazie agli sforzi della critica illuminata dell’alto giornalismo e delle Società filarmoniche erette a quest’uopo e presiedute da superiori disinteressate intelligenze, va ogni dì più difondendosi e guadagnando terreno.
Ormai a Parigi esiste una classe abbastanza numerosa di apprezzatori del vero bello musicale pei quali il nome di Mozart è onorato di una specie di culto, e alle sue grandiose Opere si tributano omaggi che al tempo in cui egli viveva in quella vasta capitale nessuno avrebbe osato non che predire, ma neppure ideare in un sogno dorato. Questa nuova epoca, questa specie di rivolgimento dell’opinione e del gusto musicale francese in riguardo a Mozart, ebbe principio dai giorni in cui, mercè il raro talento dei cantanti italiani stabiliti in Parigi da sì lunga serie d’anni, il Don Giovanni, questo grande capolavoro mozartiano, potè ivi essere debitamente udito e finamente apprezzato. Ora, colla scorta di alcuni critici, molto addentro versati in simili disquisizioni, faremo di indagare le cause per le quali la musica di Mozart, e in ispecie quella di che si compone l’incomparabile spartito or nominato, venne acquistando tanta voga sullo spirito di un pubblico presso il quale non manca il gran numero di coloro che in fatto di cose melodrammatiche non ammettono per bello se non se tutto ciò che al dissotto di una apparente leggiadria, chiarezza, eleganza e vezzo, nasconde il vuoto e la nullità di vera e originale ispirazione.
II. Nella musica (come in generale e dal più al meno, nelle altre arti) vi ha degli uomini i quali, in forza di un’educazione molto accurata e di lunghe notti vegliate allo studio, acquistar seppero una notevole capacità nella disposizione armonica dei loro materiali. Epperò è raro che nelle loro opere non risulti ammirabile la bellezza elaborata della armonia. Codesti artisti dimenticano nei loro calcoli, i quali troppo spesso degenerar sogliono in futili sottigliezze, che l’armonia non è che una parte delle condizioni necessarie in un lavoro artistico-musicale. Essi sciupano le forze del loro intelletto a disporre con matematica economia le melccole delle loro produzioni, e non s’accorgono in tanto i poverini che questa seria preoccupazione li fa dimentichi di pensare alla bellezza dell'intimo concetto e della libera forma esterna, che sono in sostanza i precipui elementi di ogni creazione geniale. Senza la necessità di spingere troppo indietro lo sguardo nella storia dell’arte dei suoni, è abbastanza notorio che per secoli interi la musica versò in dotte sottigliezze del genere or accennato. La Germania, in ispecie, fino ad un’epoca non di molto dalla nostra lontana, si tenne poco men che inceppata nei lacci di questo falso sistema. Ei fu nella nostra Italia, madre e ispiratrice di tanti genii, ove i compositori di musica, del paro che i pittori delle scuole tedesca e fiamminga, vennero ad attingere sopra tutto le grazie esterne e l’eleganza delle forme. Se non che, e per un'opposta forza di idee, nell'istessa Italia nostra, pel troppo servile culto alle forme esterne della musica, e per la piena sovranità data alla melodia, si venne riducendo poco men che al nulla la costruzione armonica. O, per limitare convenientemente il significato delle nostre parole, diremo che fra noi per lunga pezza dominò la tendenza di far al tutto soggetto l’accompagnamento alla melodia, e di considerarlo quale schiavo passivo di questa anziché quale intimo suo amico e collega. Il primo dei due opposti generi di musica ora accennati è buono per gli artisti, o a dir meglio, per lo studio del gabinetto, e per conseguenza non può contare che su una durata circoscritta; al secondo appartiene la musica effimera, la musica destinata a piegarsi ai capricci e alle esigenze della moda. Ogni melodia cui manchi il succo nerveo di un’armonia profondamente sentita, viene in breve a fastidio e finisce per riuscire tanto disgustosa e insipida all’orecchio quanto lo è all’occhio un abbigliamento passato di moda.
La bellezza esterna, l’eleganza delle forme, congiunte intimamente e inseparabilmente alla bella e non pedantesca simmetria armonica, ecco le principali condizioni costituenti un capolavoro di composizioni musicale. Però non si dica per questo che la sola osservanza di codeste due condizioni bastar possa a produrre una perfetta opera artistica; perocché dipende al tutto dalla tempra del genio dell’artista compositore che le melodie figlie della sua immaginazione e l’armonia che le sorregge appajano all’orecchio dell’uditore quali due parti distinte, facili a separarsi, ed anzi come il prodotto di un fortuito scontro; ovvero che codeste due parti siano assorellate tra esse in guisa che entrambe, per la manifestazione del pensiero, addimostrino di non comporre che un solo ed unico tutto. Ogniquavolta apparirà non essere un’armonia affibbiata ad una melodia che per mero caso, ovvero ogniqualvolta traspariranno gli indizi di un penoso studio, sarà prova certa che il genio e la potenza creatrice dell’artista mancarono al compositore. Nella musica di Mozart le melodie, sì belle, sì ricche, sì profondamente sentite, congiunte, anzi conteste nei tesori dell’armonia, non formano che un solo tutto i cui due elementi, nati dalla fonte medesima, sono uniti in un nodo indissolubile o come a dire l’uno nell’altro compenetrati. Nè in una sola ma in tutte le grandi composizioni di Mozart si ammira questo felice nativo assorellamento dell’armonia e della melodia; in tutte la profondità dell’armonia congiunta a forme sì leggere e aggraziate che svegliano l’ammirazione non del solo intelligente, ma ed anche del semplice buongustaio dotato di artistico istinto, offrono prova del genio di questo compositore straordinario. E soprattutto non dimentichiamo l’istromentazione tanto originalmente improntata nelle opere mozartiane. Nella sua musica d’ordinario ogni stromento è parte più o meno obbligata, e serve a sostenere il canto e a un tempo ad ornarlo e a offrirne l’effetto sotto aspetti diversi. Per quanto brillante e grandiosa si svolga l'istromentazione di Mozart nei suoi molti cori e ne’ suoi mirabili pezzi concertati, non accade pero mai che il canto rimanga soffocato dalle masse dell’orchestra; mai non accade che il cantante sia costretto di sforzare i suoi mezzi di voce, amenochè la violenza delle passioni del personaggio non renda necessaria una espressione più vigorosa.
Oltre a tutto questo nelle composizioni di Mozart si ammira una mente profonda nel concetto e nel disegno generale dell’Opere le quali tutte hanno una loro fisonomia sì speciale, che un pezzo di una data Opera, per esempio, non starebbe che a disagio collocata in un’altra; il che non può dirsi certamente delle dozzinali partiture dei maestri di secondo e di terzo ordine i cui duetti, le cui arie ed anche pezzi di concerto possono porsi fuori di luogo e acconciarsi e ficcarsi in quelle partiture che si vuole senza che punto perdino di quel colorito drammatico o di quella caratteristica impronta che non hanno. Si noti in oltre nelle grandi partiture melodrammatiche di Mozart la varietà degli stili sì bene e sì sentitamente conservata; una grandiosità semplice e antica nell'Idomeneo, un fare eroico e romano nella Clemenza di Tito, le più care tinte orientali, lo sfarzo e la mollezza della vita asiatica nel Ratto del Serraglio, il genere gajo, bizzarro e fantastico nel Flauto magico, i romanzeschi contrasti, il tumulto, le ansie, le voluttà della vita libertina nel Don Giovanni, ecc., ecc. Ben pochi compositori ebbero al pari di Mozart il talento, diremo anzi il genio di imprimere a’ loro spartiti la tinta più propria all’indole del soggetto del melodramma, e sapere nelle forme dello stile cantabile, dello stromentale, dell’armonia trasfondere l’idea dominante di esso. Fra i contemporanei italiani, forse il solo Bellini ebbe di mira costantemente questo pregio dell’unità e impronta dominante nella tinta generale, conforme alla natura dell’argomento drammatico musicale. Fra le tante meravigliose partizioni di Rossini primeggiano a nostro dire per questo raro vanto, il Mosè, il Conte d'Ory, il terzo atto dell’Otello, e sopra tutti il Guglielmo Tell, nel quale i vigorosi e semplici costumi pastorali della Svizzera, quella natura selvaggia e grande, sono ritratti con rara evidenza dal linguaggio e dalla potenza descrittiva della musica.
III. Se non che nelle più vantate partizioni di Mozart un altro ordine di bellezze fermò sempre lo sguardo dei buoni osservatori, vogliam dire la evidente fedele pittura dei caratteri. Ella è questa una qualità ben rara nei compositori italiani della vecchia scuola, rarissima in quelli dei nostri giorni, se ne eccettui il già nominato Rossini in alcune delle migliori sue Opere, Bellini in quasi tutte, Donizetti in pochissime, Mercadante forse in una sola. Nè valga il dire, che volere che la musica possa ritrarre i diversi caratteri morali sia più che altro una pretesa delle fantasie estetiche esaltate; poiché chi si darà
la pena di osservare con qualche attenzione
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